Per la prima volta nella storia del cinema la famosa statuetta d’oro è stata assegnata ad una nostra attrice. Quando le hanno dato l’annuncio per telefono, la voce emozionata di Nannarella ha detto: “Magnani is happy”
Hollywood 22 Marzo, matt.
La vedova addolorata e in cerca di nuovo affetto e il macellaio dal cuor d’oro hanno trionfato nella serata degli Oscar: la serata in cui Hollywood tira le somme della stagione e premia quanti più si sono distinti nell’anno di lavoro.
Anna Magnani è la migliore attrice del 1955, per la sua interpretazione di The rose tattoo (La rosa tatuata).
Ernest Borgnine, il trentottenne, pacifico attore di origine italiana e che deve la sua fulminea ascesa alla televisione (skyrocketing, a razzo, dicono qui di una carriera come la sua), è diventato ufficialmente divo con il riconoscimento di miglior attore della stagione. A meritargli l’Oscar è stato “Marty”: il film tratto dalla serie televisiva che, appunto, ha dato la celebrità, nella veste del macellaio bonaccione, all’ex-conducente di autocarri.
“Marty” è costato relativamente poco come produzione (trecentomila dollari, di fronte al milione e passa della “La rosa tatuata”), ma si è assicurato ben quattro Oscar, più di qualunque altro film: oltre a quello per il protagonista, quello per il miglior regista, Delbert Mann, quello per l’autore del soggetto, Paddy Chayevsky, e infine quello per il film in sé, per “Marty”, giudicato dall’Academy of motion picture art il miglior film dell’anno.
Raramente, da quando nel 1928 Emil Jannings e Janet Gaynor ricevettero per primi la simbolica statuetta (questa è stata la ventottesima edizione dell’Oscar) la premiazione ha fornito così poche sorprese.
I nomi della Magnani e di Borgnine ricorrevano con tale frequenza nei pareri dei critici, nei commenti dei giornali e fra il pubblico, che si poteva quasi scommettere sulla loro designazione: anche se una cautela suggerita dall’esperienza passata non lo consigliava. Che l’applauso con cui è stata accolta la consegna della statuetta a Marisa Pavan, graziosa rappresentante della Magnani attualmente a Roma, sapesse un poco di «io l’avevo detto» era quindi più che naturale.
Anche la Pavan era fra le candidate a un Oscar: quello per la miglior comprimaria.
E’ toccato invece a Jo Van Fleet, per la parte della madre in “La valle dell’Eden”. Il film ricorreva spesso nelle previsioni della vigilia, soprattutto per la possibilità che l’Oscar per il miglior attore venisse assegnato a James Dean, il giovane attore morto l’ottobre scorso in un incidente automobilistico. Dean si era già imposto come una delle migliori promesse di Hollywood, e dopo la sua morte gli era stato attribuito, in autunno, il premio Audit. Qualche dubbio che l’assegnazione potesse essere dovuta almeno in parte a un fatto emotivo limitava però le probabilità di un trionfo postumo di Dean. Ed è stato Borgnine ad imporsi, come in fondo aveva già decretato la critica.
Miglior comprimario è stato giudicato Jack Lemmon, il giovane ufficiale indolente “Mr. Roberts” : un film che era nella rosa delle pellicole candidate all’Oscar. Anche qui nessuna sorpresa, né tra i presenti al Pantages Theater, dove la scintillante élite di Beverly Hills si era data convegno, né a Nuova York, dove, dinanzi a un gigantesco schermo televisivo, era raggruppato per assistere alla cerimonia un altro complesso di celebrità del cinema: e Claudette Colbert, assistita dal regista Joseph Mankiewicz, faceva gli onori di casa al Century Theater .
A Hollywood, invece, erano presenti i due più quotati rivali dell’italiana Magnani e dell’italo-americano Borgnine: Susan Hayward e un terzo attore di sangue italiano: Frank Sinatra.
Era presente anche Grace Kelly, forse alla sua ultima pubblica comparsa a Hollywood: e di affettuoso commiato parlavano gli applausi che l’hanno accolta all’arrivo al Pantages (era accompagnata dall’agente della Metro). Deliziosa nel lungo abito da sera, i capelli leggiadramente raccolti nel noto chignon, la Kelly ha consegnato l’Oscar a Borgnine.
Jerry Lewis, master of ceremonies della serata, le ha augurato a nome del mondo del cinema «Buona salute, buona fortuna e una felice vita», concludendo: «Dio vi benedica».
Applaudita anche Marisa Pavan, quando è arrivata al braccio di Jean-Pierre Aumont: e applaudita Susan Hayward che è arrivata con il suo nuovo escort, Eaton Chalkley, noto legale di Chicago.
Gli Oscar che polarizzano l’attenzione del pubblico, come è logico, sono quelli agli attori, al migliore film e, una linea più sotto, al regista: ma per il mondo di Hollywood tutti gli academy awards hanno importanza, perché significano riconoscimento di persone e di tecniche, possibilità future, probabilità di vantaggio economico e di lavoro.
Come è tradizione, Walt Disney si è portato via un Oscar anche quest’anno (la sua è la collezione più ricca di Hollywood), per il documentario “Uomini contro l’Artico”.
L’unico Oscar onorario di quest’anno per la produzione straniera è stato assegnato al film giapponese “I sette samurai”. A differenza degli anni scorsi, nessuna casa produttrice può dire di avere trionfato sulle altre.
La Paramount ha avuto sei Oscar, ma la 20th Century e la Hecht-Lancaster la seguono da vicino con quattro, e la Metro, la Columbia e la Warner Brothers con tre. La tradizione voleva che una casa si accaparrasse la maggioranza assoluta dei premi.
A. Mosby
Brava Anna avete vinto
Roma, 22 marzo
Esattamente alle 7 e 5 minuti, il telefono di Anna Magnani ha squillato, questa mattina, per la prima volta. L’attrice, che aveva passato una notte insonne, è corsa all’apparecchio e, con la voce un po’ tremante, ha risposto con un «Hallo» all’americana.
Dall’altro capo del filo un giornalista statunitense, residente a Roma, le ha annunciato seccamente, come se trasmettesse un dispaccio: «Avete avuto l’Oscar! Brava!».
Anna è rimasta un attimo in silenzio; non sapeva se ridere, come sarebbe stato di prammatica, o abbandonarsi ai singhiozzi che le facevano groppo nella gola.
Dopo un po’ ha risposto scandendo le parole, come se parlasse ad una persona molto distante: «Magnani is happy!». Voleva dire che era felice come non si era mai sentita nella sua lunga carriera di attrice e che questo era il più bel giorno della sua vita.
La Magnani abita da qualche anno nel cuore della vecchia Roma rinascimentale, a due passi da Palazzo Venezia e da Palazzo Buonaparte, dove morì la madre di Napoleone.
A. Geraldini