Anna Magnani ha in uggia i fotoreporter, e a questo servizio ha acconsentito alla condizione di essere ritratta in mezzo ai suoi cani
San Felice Circeo, settembre
Lo stupore di quanto può avvenire in casa Magnani con gli animali credo che abbia raggiunto la vetta più elevata quando una giornalista di una grande rivista inglese arrivò apposta dall’Inghilterra per vedere i cani e i gatti di Anna e per intervistarla su questo soggetto. Gli inglesi, si sa, amano le bestie esattamente come gli americani amano i bambini.
La famosa giornalista si trovò, dunque, in un casa talmente piena di animali che Anna sembrava la loro ospite. Il discorso tra le due signore fu questo:
«Come si chiama questo cane?» domandò la giornalista nel suo bell’inglese di Londra, indicando un enorme lupo nero piagato e stanco che in seguito la Magnani dovette far sopprimere perchè incurabile.
«Si chiama nonnone».
«Nonnone? E che cosa significa in inglese?»
«Very old grandfather».
«Oh» disse la giornalista che incominciava a diventare guardinga e poi, indicando la famosa lupa nera della “Voce umana” ripetè la domanda:
«Micia»
«Che cosa vuol dire?»
«Gatta»
«Oh» gemette l’inviata speciale, prendendo note. E poco tempo dopo, nel cuor della notte, Anna ricevette da Londra una telefonata dalla giornalista che voleva sapere come si scrive “Micia”.
Io non ho mai letto l’articolo della collega inglese ma non ho certo bisogno d’informarmi per parlare della tribù animale che circonda Anna dalla mattina alla sera.
Queste bestie, che conoscono l’onore di moltissime illustri citazioni, vivono separate proprio come nelle scuole i ragazzi e le fanciulle di buona famiglia. I gatti abitano nell’appartamento di Roma, a palazzo Altieri, nell’attico che risveglia il loro più ancestrale desiderio di libertà, così com’è librato sui tetti, alla maniera di un’amaca.
C’era la noia di rincorrerli da un tetto all’altro, rischiando molto, ma ora Anna ha fatto chiudere la terrazza con una rete intesa a limitare il vagabondaggio dei gatti e a salvare la vita delle rondini che queste turbolente bestiole prendevano al volo.
Per l’incolumità pubblica sono stati presi provvedimenti anche nei riguardi di Teresina, la tartaruga subdola la quale, sbucando da sotto un mobile, morde le zampe dei gatti che lanciano urli da notte delle streghe.
I gatti che abitano in casa sono otto, senza contare quelli che salgono a ore regolari dal cortile per venire a mangiare sul pianerottolo, lucidi e grassi come le borse di porcellana inglese per l’acqua calda, e senza contare la “gattina povera” che sale in casa soltanto la sera per dormire all’ingresso, sulla bella scala di legno che porta appesi pesci tropicali gonfiati.
C’è inoltre “Secchetto” che vive in terrazza, in una nicchia da Santo e che, benchè si strugga e batta i vetri con le zampe per entrare nell’intimità della famiglia, non ha la gioia di penetrare nel Sacrario a causa dell’intransigenza degli altri i quali, se entra, “l’arrotano”, come dice Anna Magnani. Tuttavia talvolta si può vederlo appollaiato sulla cima del cavalletto che sopporta un magnifico, desolato paesaggio di periferia di Vespignani.
Tra i gatti di razza “Piccolo”, che è un persiano, è vestito a righe come un ciclista e Lady, persiana anche lei, è tutta in rosa come una debuttante.
Acquistata a Nuova York dopo visite da innamorata fatte all’insaputa del negoziante che non voleva venderla, Lady si pasce di turpi abitudini.
«E’ bella come un idolo – dice Anna – Guardala, sembra che debba andare a un ballo e invece è una “zozzona” che si rotola sempre nella segatura, specialmente dopo che l’abbiamo pulita e pettinata».
L’estate è la stagione dei cani, relegati in libertà condizionata a San Felice, guardati a vista perchè non vadano ad azzuffarsi con i cani delle ville vicine.
«Non hai visto Cinzia – mi dice Anna – Ti debbo portare da lei. E’ una Terranova con le labbra a festoni di modo che sembra che ti sorrida. La baceresti sulla bocca. Appartiene ai marchesi Cavalletti e, se non me la cederanno, sono anche disposta a rubarla. Io l’adoro ma ti confesso che tutti gli altri, sulla costa, sono un po’ “scocciati” perchè da quando c’è questo cane ricco degli istinti eroici della sua razza, nessuno può più fare il bagno perchè Cinzia si getta in acqua a salvarlo, portandolo a riva di viva forza»
Se mai Cinzia diventerà proprietà di Anna Magnani sarà certamente la favorita in un harem che non ha conosciuto neanche il Gran Visir.
A San Felice Circeo io non so più distinguere un cane all’altro, come mi capita con i bambini del dispensario della Croce Rossa che offrono i fiori a donna Carla Gronchi.
I cani sono tanti perchè chiunque voglia sbarazzarsi del suo dichiara che lo farà uccidere. E Anna lo raccoglie per metterlo nella sua troupe nutrita e temibile che corre verso il cancello dove un malcapitato, che faticosamente è riuscito a trovare il campanello nascosto dietro un pilastro, vede arrivare tutte queste fauci spalancate. Per inciso dirò che può capitare, suonando, di ricevere una leggera scossa elettrica. Arrivare da Anna è una vera caccia al tesoro.
Tutti questi cani sono tenuti a bada da Francesco, addetto alla cucina e alla guardia della villa, il quale ha l’allure di un lord (se non parla) e che è il detentore di un bel record raggiunto una volta in cui, per scommessa, mettendosi a torso nudo si fece pungere da un initero alveare di api, immunizzandosi, per sempre, ritengo, dai reumatismi.
Un destino bizzarro porta intorno a Anna le creature più singolari e autentiche. Del resto lei non saprebbe sopportarne altre. Anche i suoi animali, che vivono allo stato brado, diventano personaggi.
Pippo il barbone bianco cieco come Omero era pieno di filosofia, ma generalmente le sue bestie hanno troppo temperamento.
«Ti circondi di bestie impossibili» le disse una volta un attore che nella stessa giornata era stato morso dalla cavalla Banana e dalla cagnetta Lula.
Qui al Circeo viviamo aspettando che Anna chiami vicino a sè i suoi cani. adorabili, volta a volta affettuosi o feroci, fanno del visitatore una ragione di divertimento, come se fosse un film western.
Per combinare quest’intervista riguardante gli animali della Magnani, Di Paolo e io abbiamo dovuto lottare.
Anna ama la solitudine e forse quello che la spinge verso le bestie è appunto la divina solitudine di cui godono. Quando filnalmente mi ha telefonato per invitarmi, l’appuntamento è stato sconcertante.
«Vieni a Ferragosto, verso l’una» mi ha detto.
Per la strada eravamo soli, sembrava di camminare nella città deserta che Papini descrive in Gog. Ma, del resto, la vita di Anna è retta da leggi sconosciute. T’invita a pranzo alle nove e si mangia a mezzanotte, ti telefona alle quattro del mattino, domandandoti con voce flautata:
«Che dormivi?»
«No, lavoravo a maglia» le risposi una volta, svegliata nel più bel sonno della mia vita.
In questi giorni, nonostante l’aria di festa che accompagna sempre i cani giovani, a San Felice c’è molta tristezza. E’ morto Fidulin, il cane che Anna raccolse a Vulcano mentre girava il famoso film. La storia di Fidulin è patetica.
Dieterle, il regista del film, pretese che il cane fosse portato nella vicina isola di Lipari perchè, abbaiando tutta la notte sotto le sue finestre, lo teneva sveglio fino all’alba.
La bestiola fu catturata durante la notte mentre era intenta alla bisogna e col favor delle tenebre raggiunse Lipari, all’insaputa di Anna Magnani che andò su tutte le furie quando conobbe la verità.
Mentre armeggiava per mandare un barcone a riprendere Fidulin, il cane, arrivato a nuoto, venne ad accucciarsi ai suoi piedi. Ci fu un gran confabulare per nascondere il cane a Dieterle.
Anna come i personaggi di Pian della Tortilla, sa parlare con gli animali e quella volta diffidò Fidulin a non mostrarsi a Dieterle. La bestiola si tenne tranquilla tutto il giorno ma nelle ore della notte sul coro accorato dei grilli si udì l’assolo tonante del regista, svegliato dall’abbiare del cane:
«Oh, dem…! Questo cane è ancora qui!»
Gli dissero che era tornato a nuoto nella sua isola e questa impresa sensazionale mise Anna e Dieterle sul piano di guerra mentre discutevano sul possesso del cane che fu naturalmente, aggiudicato alla Magnani. Per un pelo, insomma (ed è il caso di dirlo) Fidulin non è diventato un cane di Hollywood.
Ora Fidulin è sepolto in un terreno del Golf di Roma dove l’avevano preceduto la Micia e gli altri cani che hanno lasciato questa valle di lacrime.
I funerali dei cani della Magnani sembrano quelli descritti da Rike per i suoi personaggi.
La Micia, morta a Pisa e chiusa in un’immensa cassa di zinco, adatta alle sue proporzioni, per essere trasporata a Roma, mise in allarme le guardie del dazio che non volevano credere che un cane potesse avere la cassa di un uomo alto un metro e ottanta.
Tatà, moto eroicamente per aver esercitato il suo diritto alla libertà andando a mangiare di nascosto nella cucina di una trattoria le spine di baccalà nella spazzatura, fu sepolto alla Passeggiata Archeologica e riesumato a causa di una lettera anonima indirizzata alla Questura di Roma, nella quale si parlava della sepoltura clandestina di un bambino.
Malaparte raccontò molto brillantemente questo episodio nel suo indimenticabile “Battibecco” e aggiunse per conto suo che Anna disse alle guardie che aprirono la cassetta: «Beh, adesso mangiatevelo».
I nomi dei cani della Magnani non hanno niente di araldino: Lillina, Pirì e Floffone sono bassotti a pelo lungo; Puccio, Diana e Zara, che porta un nome da femmina pur essendo maschio, sono lupi di diverse razze. Poi ci sono i bastardi «di nome più oscuro e di forma comune» tra i quali spicca Moschetta piccola e bianca e nera come le scarpe dei dandy del 1900.
Anna, che non uccide neanche le mosche, quelle piccole mosche degli ulivi delle quali Salvador Dalì, dice che indossano elegantissimi tailleurs di Balenciaga, ha insegnato ai suoi cani a rispettare la vita degli altri animali. Le galline bianche razzolano indisturbate nel parco, certe di non venire uccise.
«Non si può mangiare una persona che non si conosce» dice Anna che piano piano sta diventando vegetariana.
Tre galli presiedono alla vita di queste galline uno dei quali, capace di beccarti alle spalle a tradimento e di segnarti, suscita tutta la tenerezza di Anna perchè non sa fare l’acuto.
I pettirossi vanno a nidificare nella lampada appesa sulla porta d’ingresso della villa. Naturalmente la Magnani ha tolto un vetro per facilitare l’ingresso degli uccelli e ha svitato la lampada che “cuoceva le uova” e l’ospite, al buio, deve fidarsi delle sue indicazioni per non cadere a faccia avanti sull’ingresso di casa, preceduto da uno scalino.
Nel porticciolo privato di Anna, un angolo delizioso pieno di scogli contro i quali le onde propongono e ripropongono le loro trine con l’insistenza di mercanti orientali, i cani si tuffano e poi si scrollano vicino all’ospite interamente vestito.
«Che vuoi mai… è un cane e se ne frega del tuo vestito» risponde la Magnani quando uno protesta.
Anna parla malvolentieri. Per intavolare una conversazione le racconto che un vecchio diplomatico inglese a riposo ha detto che se i cani parlassero sarebbero creature infelici senza le mani.
«E’ un cretino» risponde laconicamente. Ma io so che cosa voglia dire poichè una volta dichiarò: «Io i cretini non li lascio perdere, li inseguo e li perseguito».
Alberi immensi, fiori, bougainvillea. L’immenso parco è ombroso e profumato. Così immagino il Paradou di Zola.
Si fa colazione (verso le quattro…) quando tutti i cani e le galline hanno mangiato.
«Guarda Anna» mi dice Di Paolo osservando l’attrice in piedi con le vesti spinte in dietro dal vento. Sembra la Vittoria di Samotracia. E nessuno parla più mentre nel silenzio ascoltiamo gli uccelli che cantano diretti da un merlo che stabilisce le pause e la ripresa del coro.
E. Monti
(Foto © P. Di Paolo)