«Faccio tutto io, Alfré», gridò Anna Magnani al regista Giannetti rifiutando la controfigura in una scena dell’assalto a un carcere, scena girata in pieno agosto e ambientata nel 1870, quindi con addosso pesanti abiti che ne impacciavano i movimenti.
Questa frase è ormai passata alla storia o appare totalmente emblematica, caratteristica del costume della serietà, del «professionismo» di Anna Magnani che spezzando un lungo isolamento è tornata al lavoro. Non per il teatro o per il cinema — dove ha conquistato ammirazione, applausi, premi Oscar e altri riconoscimenti — bensì per la televisione, per questo modernissimo mezzo d’espressione che potrebbe offrire alla Magnani nuove, originali possibilità per esprimere la sua arte.
Si è avvicinata alla TV in ritardo, unica, forse, tra le attrici italiane che non si sia ancora cimentata dinnanzi alle telecamere, ma quando si è decisa, lo ha fatto con convinzione, con impegno, con umiltà e con serietà, interpretando in quattro telefilm (ma in pratica ai tratta di film veri e propri, dato che l’intero ciclo sfiora le otto ore di proiezione) quattro ritratti di donne.
Quattro donne, quattro epoche differenti che abbracciano un secolo di vita italiana (dalla presa di Roma ai giorni nostri), puntualizzando quattro momenti particolari — tre guerre e la civiltà del consumi — della nostra storia, visti con una visuale nuova, originale, lontana dalla tradizionale oleografia dei libri di storia.
Del resto con Anna Magnani è difficile fare una cosa falsa, retorica, costrutta a tavolino: Anna Magnani rifiuta tutto questo, è una donna spontanea, un’attrice senza orpelli e senza divismo (eppure potrebbe permetterselo), è la donna che — come dice Lizzani — con la sua interpretazione di Roma città aperta, «diede un volto all’Italia».
Con un’attrice simile, con un personaggio simile è impossibile barare e, forse, è anche impossibile fallire, ma pensiamo che le storie ideate e realizzate da Alfredo Giannetti, anch’egli premio Oscar (per la sceneggiatura di Divorzio all’italiana) rappresentino, nel mare stagnante della cinematografia, qualcosa di originale, di diverso e offrano una visione nuova di episodi vecchi.
I soggetti dei quattro film (ma in TV ne vedremo tre, in quanto il quarto — cronologicamente il primo — è destinato ai circuiti cinematografici e quindi al video) coprono un secolo di vita italiana puntando su quattro momenti cruciali; la presa di Roma nel 1870, la guerra 1915-18, l’occupazione nazista di Roma del 1943 e la civiltà meccanizzata del 1970.
Gli episodi storici, al di là di ogni intento celebrativo o retorico, costituiscono solo l’ambiente, lo scenario nel quale si svolgono le vicende narrate, che offrono l’occasione per far emergere il senso dell’epoca e i caratteri vivi degli italiani.
Accanto ad Anna Magnani, a «Nannarella», vera e propria mattatrice, ci saranno alcuni tra i migliori attori italiani: Marcello Mastroianni (in 1870), il cantante Massimo Ranieri (in La sciantosa) il quale alterna con eguale successo l’attività canora con quella cinematografica, Enrico Maria Salerno (in 1943, un incontro), un attore che ha lavorato a lungo con Giannetti nel ciclo dedicato alla Famiglia Benvenuti, e Vittorio Caprioli (ne L’automobile).
Quattro partners diversi per un’unica, vera, grande attrice, per un’attrice che da qualche tempo vive rinchiusa in se stessa, nei suoi ricordi e che è tornata a lavorare, solo perché i soggetti proposti da Giannetti l’hanno interessata sin dal primo momento, un’attrice forse un po’ delusa del suo mestiere (malgrado i successi riportati), in quanto avverte con amarezza la crisi di idee e di soggetti che sta attanagliando il nostro cinema.
Forse dopo questa esperienza televisiva — un’esperienza nuova, faticosa e difficile affrontata con l’entusiasmo degli anni di Roma città aperta o di Bellissima — Anna Magnani scoprirà di essere ancora «lei», di essere la «Nannarella» popolare e amata dal pubblico, un pubblico che non può aver dimenticato quello che quest’attrice ha significato per un certo periodo della nostra storia, e allora comincerà un nuovo capitolo della sua carriera.
C. Scaringi
Video tratto dal documentario “Dalla luna con amore” di Simona Fasulo (2016)
DALLA PARTE DEL REGISTA, ALFREDO GIANNETTI
«Che dire di Anna Magnani? Si può dire che è un’attrice straordinaria, ma questo è ovvio. Preferisco dire che forse senza Anna Magnani non sarebbe stato possibile realizzare questo vasto e impegnativo lavoro (circa otto ore di trasmissione) composto da quattro film veri e propri (uno, 1870, uscirà prima nei circuiti cinematografici verso Natale).
Quattro film, quattro epoche, quattro storie di donne, totalmente diverse tra loro. Quattro film realizzati con costi limitati e tempo ristretto, appena 16 settimane, quanto basta per fare un solo film.
Tutto ciò è stato possibile grazie alla collaborazione di tutti i tecnici e delle maestranze, ma, soprattutto, grazie all’abnegazione, all’impegno con cui Anna Magnani — questa grande e brava attrice, nel senso artistico, non una diva — si è buttata nel lavoro profondendovi zelo, generosità e bravura».
A. Giannetti
Foto di copertina © Archivio Cioni-Spinelli/LaPresse