«Nel salotto era buio, nessuno venne mai a disturbarci. Quando non ci fu più nulla da dire volle riascoltarsi. Con abili gesti fece scorrere il nastro all’indietro, pigiò i bottoni, e mentre la sua voce riempiva la stanza esplose in una sprezzante risata. Rise, sprezzante, per tutto il tempo che la sua voce parlò» (tratto da “Mamma Tragica“)
Così scriveva Oriana Fallaci nel 1963 in una famosa intervista ad Anna Magnani, ed è proprio questa l’atmosfera che Enrico Cerasuolo è riuscito a ricostruire con il suo nuovo documentario La passione di Anna Magnani, presentato quest’anno in anteprima al Festival di Cannes per la sua settantaduesima edizione.
E’ proprio dentro quel salotto di palazzo Altieri che veniamo trasportati, dentro quel silenzio e quel vuoto che neanche la voce di Anna, così decisa e onesta, riesce a colmare.
E’ ad Anna che Enrico stesso, autore e regista, si rivolge, dialogando con lei attraverso una lettera immaginaria, che ci guida in modo originale attraverso le principali tappe della sua vita e della sua carriera artistica, tappe che ne hanno inevitabilmente forgiato il carattere e l’umore.
Con grande sensibilità e intelligenza l’autore ci parla di Anna Magnani utilizzando rari e preziosi materiali d’archivio e coinvolgenti musiche, riuscendo a collocarla perfettamente nel periodo storico e politico che l’ha vista emergere e maturare sia come donna che come attrice.
La passione di Anna Magnani è il ritratto di una donna moderna, sia per i suoi tempi che per i nostri; di una donna libera, che si oppone agli schemi imposti dalla società e dal lavoro; è il ritratto di una donna leale, che riesce ad amare solo chi riesce ad amarla; il ritratto di una donna così autentica da non rendersi nemmeno conto di essere entrata a far parte per sempre del firmamento cinematografico italiano.
E se lei stessa non ha colto la sua grandezza, c’è riuscito, sin da giovane, il figlio Luca, che con lucidità e schiettezza, se pur per un attimo tradito da un velo di tenerezza, racconta al regista il suo punto di vista, regalandoci come sempre un contributo unico, ed è chiaro che nessuno potrà mai togliergli quel posto che gli spetta di diritto, sia per nascita che per merito: essere il principale e assoluto ammiratore di Anna Magnani.
Con La passione di Anna Magnani ci si commuove e si ride. Un documentario, quello di Enrico, che più degli altri ci fa percepire il peso che ha avuto Anna Magnani nella storia d’Italia, e il vuoto che ha poi lasciato nei cuori di tutto il mondo.
Archivio Anna Magnani ha avuto la fortuna di collaborare con Enrico Cerasuolo e la sua Produzione per la ricerca di alcuni importanti materiali d’epoca utilizzati nel film, come le rarissime riprese a colori che vedono Anna lavorare sul set hollywoodiano di The Rose Tattoo, film che le portò l’Oscar nel 1956.
Di seguito un’intervista esclusiva rilasciata da Enrico per Archivio Anna Magnani, e per la quale lo ringrazio tanto.
Enrico, amando personalmente gli archivi d’epoca, tanto da crearne uno online su Anna Magnani, la prima domanda che mi viene in mente è: da documentarista, che importanza dai tu gli archivi storici?
Dipende ovviamente dal progetto, ma in molti casi il lavoro negli archivi è fondamentale. Mi sono laureato in Scienze Politiche, Storia Contemporanea, e la ricerca sui documenti unisce per me due passioni, quella documentaristica e quella storica.
Scoprire e rispolverare i materiali d’epoca e magari riproporli in chiave più moderna, credi possa essere utile oggi?
Sì, oggi in particolar modo, anche come forma di resistenza all’indigestione di informazioni e immagini. La chiave però per me non è tanto moderna quanto narrativa: i materiali d’archivio possono essere valorizzati e anche assumere nuovi significati o svelarne di nascosti nel contesto di una storia classica, capace di renderli appassionanti e di metterli in prospettiva.
Interessante. E tra l’altro sull'”indigestione di informazioni e immagini”, mi trovi d’accordissimo. Proprio su Anna Magnani esiste una vera e propria indigestione di immagini, spesso senza informazione, e nel peggiore dei casi con informazioni distorte o errate.
Tra tutti i materiali consultati per il documentario, qual è stato quello che ti ha emozionato di più?
Ho cercato di farmi guidare prima di tutto dall’emozione, a partire dalla scelta delle scene di film utilizzati. È banale, ma la scena morte di Anna/Pina in Roma città aperta è stato anche per me, come per moltissime persone in tutto il mondo, una rivelazione.
Quando sento i brividi so che sto provando un’emozione intensa e so che anche altri spettatori potranno provarla. Pensando invece a quello che ho conosciuto lavorando sul film, ci sono alcune foto di Anna con Luca bambino che mi hanno emozionato molto.
Dev’essere stato davvero interessante, per non dire unico, il tuo viaggio nel tempo per conoscere Anna.
Raccontami l’incredibile aneddoto della magica falsa pista, che ti ha poi portato a scoprire l’inedito audio dell’intervista di Oriana Fallaci “Mamma tragica”.
In un certo senso è stato merito tuo. L’intervista di Oriana Fallaci ad Anna Magnani era una delle mie preferite, ma era scritta e non volendo cercare una voce per interpretare Anna pensavo di non poterla usare nel film.
Poi ho visto una foto di loro due sul tuo sito, con il libro Gli antipatici, nel quale l’intervista era stata pubblicata, e un registratore a bobina vicino alla Fallaci. Allora ho pensato che forse l’intervista era stata registrata. Ho avuto fortuna perché in quel periodo il Consiglio Regionale della Toscana stava iniziando a catalogare i materiali del Fondo Fallaci.
Dopo qualche mese di attesa, grazie al loro aiuto, la bobina è stata trovata. Per me è un materiale eccezionale perché c’è un buon grado di intimità e sincerità fra loro, anche favorito dal fatto che la registrazione era una sorta di quaderno di appunti. Per questo motivo nel film le ho dato uno spazio particolare.
La cosa buffa è che tutto questo percorso l’ho fatto seguendo una falsa pista, perché non mi ero accorto che la foto sul tuo sito era un fotomontaggio fatto da te. In pratica non mi sono accorto della cosa più evidente, ma concentrandomi sul dettaglio del registratore ho scoperto un tesoro.
Credimi Enrico, per me venire a conoscenza di questo aneddoto è stato altrettanto buffo e stupefacente! Anni fa ho elaborato quest’immagine proprio per mancanza di una fotografia che le ritraesse insieme. Una bella coincidenza che ha premiato entrambi.
Studiando e conoscendo meglio Anna, non hai avuto la sensazione che molte dicerie su di lei siano in realtà dei luoghi comuni? Come ad esempio quello del suo cattivo carattere, o quello della popolana trasteverina.
Uno dei materiali d’archivio delle Teche RAI che avevo pensato di usare e che poi ho sacrificato nella selezione era un’intervista di Gianni Minà a Suso Cecchi D’Amico. Mi piaceva proprio perché svelava quanto profondo fosse lo stereotipo della popolana rispetto ad Anna Magnani, anche in un grande giornalista come Minà, che a un certo punto domanda a Suso: “Lei è una donna colta, raffinata, Anna era una donna del popolo, che cosa vi univa?”. E Suso risponde: “Eh sai, era molto meno del popolo di quello che si dice. Aveva dei modi da popolana un po’ come dire da regina, perché Anna non era assolutamente una donna borghese. Aveva questa grandiosità che hanno i popolani o i reali, veri.”
Suso Cecchi D’Amico conosceva la cultura, la profondità e le sfaccettature di Anna Magnani, ma per molti è stato automatico pensare che lei fosse quel personaggio che interpretava. Invece, come dice Anna in un momento dell’intervista alla Fallaci che c’è nel film: “Tutte noi abbiamo migliaia di donne dentro, mica una sola.”
Fantastico. Un altro piccolo tesoro questa intervista a Suso Cecchi D’Amico quindi, in quanto è l’ennesima smentita dello stereotipo di popolana e caciarona.
E dimmi, quale aspetto che non conoscevi, o che non ti aspettavi di Anna, ti ha stupito di più?
Non conoscevo tantissime cose e mi ritengo molto fortunato per avere avuto l’opportunità di conoscerla meglio.
Ho trovato eccezionale la visione d’insieme e la dedizione ai progetti e ai film ai quali ha partecipato. Leggendo le sue lettere al produttore americano Hal Wallis o vedendo i suoi appunti emerge una grande consapevolezza delle opere nel loro complesso, a partire dal soggetto e la sceneggiatura fino alle scelte in montaggio. Un aspetto che sicuramente, come dice suo figlio Luca, rendeva anche difficile lavorare con lei, ma che andava molto al di là del ruolo canonico di un interprete.
Si, e tra l’altro proprio questo suo aspetto così inusuale, se vogliamo, è quello che la gran parte delle persone non conosce affatto.
Che potenzialità vedi nel raccontare Anna Magnani, una donna così libera e verace? Perché, secondo te, vale la pena parlarne ancora oggi?
Per me La passione di Anna Magnani è un film di attualità, perché penso che nel mondo e in Italia la vera parità tra i generi sia un traguardo ancora molto lontano e Anna Magnani è un modello straordinario di donna indipendente e libera che ha saputo imporsi in un mondo dominato dagli uomini. Spero che molte ragazze lo vedano e che possano prendere ispirazione da lei.
Sposo in pieno la tua opinione Enrico, ed è uno dei motivi per il quale ho creato Archivio Anna Magnani. Sono convinta che, anche a distanza di cinquant’anni e più, Anna abbia ancora molte cose da insegnarci, come Donna e come Artista.
Laura Finocchiaro
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