«Ho organizzato una mostra in onore di mia madre», dice Luca Magnani «perchè voglio dare di lei un ritratto veritiero» – «Da piccolo non mi rendevo conto che fosse una celebre attrice»
Trent’anni sono trascorsi dalla morte di una delle più grandi attrici del nostro cinema, Anna Magnani. Per ricordare l’indimenticabile protagonista di Teresa Venerdì e L’onorevole Angelina, di Assunta Spina e Roma città aperta, di Bellissima e Mamma Roma, per rendere omaggio alla diva contesa dai più importanti registi come De Sica e Visconti, Renoir e Cukor, Pasolini e Rossellini, con cui ebbe anche un’appassionata storia d’amore trasformatasi poi in una profonda amicizia, e alla donna, nata a Roma nel 1908, dalle grandi passioni, è stata allestita un’importante mostra, Ciao, Anna.
Nelle Scuderie Aldobrandini di Frascati saranno esposti sino al 30 novembre locandine, giornali, caricature, la statuetta dell’Oscar vinta nel 1956, per la prima volta da un’attrice italiana, con La rosa tatuata, molti altri premi e poi i quadri che le dedicarono anche Renato Guttuso, Renzo Vespignani, Carlo Levi.
Ma vi sono soprattutto tantissime fotografie, circa trecento, uscite dall’archivio personale di Luca Magnani, 61 anni, architetto, che l’attrice ebbe nel 1942 dal giovane collega Massimo Serato, l’attore di Piccolo mondo antico.
E proprio al figlio, che ha curato la mostra assieme con Matilde Hochkofler; appassionata studiosa di cinema, domandiamo di raccontarci la sua Anna Magnani.
Perchè questa mostra a trent’anni dalla scomparsa di sua madre?
E’ la prima e unica rassegna degna di questo nome organizzata dal 1973 a oggi. L’ho voluta fortemente perchè ci tenevo che ne emergesse un ritratto completo e veritiero di lei.
Ritiene che Anna Magnani sia stata forse trascurata o che la sua figura sia stata travisata in tutto questo tempo?
Purtroppo l’Italia non è come la Francia, che dei personaggi del suo passato ne fa un mito. L’Italia è un Paese rapido nel dimenticare, che impazzisce per il ‘Grande Fratello’ ma poi ignora il patrimonio immenso che ha contribuito alla sua storia culturale.
Secondo lei di chi è la colpa?
Della televisione, che trasmette i film del passato a notte fonda o nel primo pomeriggio quando nessuno lo sa. In particolare i film di mia madre vengono trasmessi molto raramente. In parte è colpa anche dei giornali, che in tutti questi anni non hanno fatto altro che parlare di Anna Magnani e delle sue storie d’amore finite male, di Anna Magnani e degli uomini, della Magnani e delle sue litigate sul set, come se lei fosse diventata grande, importante, famosa soltanto per questo. Tutto ciò che senza fare il minimo sforzo, la minima ricerca, per provare a capire chi era davvero. Ora io vorrei che mia madre venisse finalmente rivalutata.
Spieghi lei, allora, chi era veramente Anna Magnani.
Io in quanto figlio non posso essere obbiettivo, ma secondo me mia madre era diversa. Diversa dai luoghi comuni che chi si picca di occuparsi di cinema le ha sempre cucito addosso: non era un personaggio folcloristico come spesso è stata descritta per il suo parlare colorito, per la sua estrema passionalità e la sua “non bellezza”. Anna Magnani, invece, era essenzialmente una anticipatrice dei tempi, non soltanto al cinema.
In che senso?
Sullo schermo mia madre era riuscita a imporre innanzitutto, un tipo di femminilità opposta a quella che trionfava nel cinema dei “telefoni bianchi” che aveva tanto successo all’epoca: allora le attrici erano bionde, bellissime, longilinee, vestite con abiti impeccabili. Lei ruppe gli schermi perchè, al contrario, non era magrissima, appariva quasi senza trucco, con i capelli neri e i vestiti di tutti i giorni. Inoltre, il suo modo di recitare non era mai artefatto.
Secondo lei proprio per questo riuscì a conquistare il cuore degli italiani?
Senz’altro. Perchè ci si poteva riconoscere e identificare in lei, perchè quell’attrice che vedevano al cinema era reale, era uguale alla donna che potevano incontrare per le strade di Roma.
Sua madre è stata soprattutto nella vita una donna anticonformista, pronta sempre a mettersi in gioco in prima persona, facendo delle scelte non facili, a cominciare dal crescere un figlio da sola.
Senz’altro, ha scelto di vivere sola ma libera, secondo modelli femminili che si sono poi affermati molti decenni dopo. Credo però che abbia precorso i tempi soprattutto nel lavoro.
Lei divenne ben presto imprenditrice di se stessa, riuscendo a emergere in un ambiente maschilista allora molto ostile alle donne. E’ riuscita a costruire da sola la sua carriera artistica e ad avere successo senza l’appoggio di un produttore, di un regista, di un marito.
Però nel 1935 un regista lo sposò, era Goffredo Alessandrini, l’autore di “Seconda B”, anche se il matrimonio non durò a lungo.
Si, ma fu l’unico regista che parlò male di lei, che non era coninto delle sue doti artistiche.
Nemmeno il grande amore di sua madre, Roberto Rossellini, che la lasciò per sposare Ingrid Bergman, non le diede mai dei buoni consigli?
Senz’altro, però credo che il loro fu un aiuto reciproco.
Che madre è stata Anna Magnani?
Una grande madre. Una mamma con me sempre affettuosissima.
Di lei si diceva che aveva un brutto carattere.
Anche questo è solamente un luogo comune: il suo carattere determinato fu scambiato per brutto carattere.
Sua madre la portava molte volte sul set?
No, mi teneva il più possibile isolato dal cinema. Erano altri tempi rispetto a quelli di oggi in cui i figli sanno tutto dei genitori: io facevo la mia vita di bambino e non ero nemmeno molto informato sul suo lavoro.
Quando si accorse di avere una mamma celebre?
Veramente non mi ricordo. In realtà io non mi rendevo nemmeno conto che mia madre facesse l’attrice. E poi i miei ricordi oggi sono offuscsati, un po’ perchè è trascorso tanto tempo, un po’ perchè passando gli anni li rivivo in modo sempre differente.
Che cosa le ha insegnato sua madre?
Io sono il prodotto di ciò che lei mi ha insegnato: il mio modo di ragionare, la mia personalità dipendono moltissimo da lei. Mi ha insegnato soprattutto il coraggio di andare avanti sempre, di non fermarmi davanti alle difficoltà, anche alle più grandi, e pure a essere il più possibile leale, senza aver mai paura della verità, qualunque essa sia. Insegnamenti che mi sono stati preziosi per affrontare negli anni la poliomelite, la malattia che mi ha colpito da bambino.
Con sua madre condividevate molti momenti della vita?
Tra di noi c’era un rapporto sicuramente molto speciale, avevamo, per esempio, lo stesso amore per gli animali, e alcune emozioni finivamo per viverle insieme. Per esempio, nel 1962 andammo ad ascoltare il concerto dei Beatles, che piacevano a un ventenne come me ma anche a lei che era una donna che aveva compiuto cinquantaquattro anni.
Che cosa sognava per lei sua madre?
Quello che sognano tutte le madri per i propri figli, che io potessi realizzarmi nella vita, che potessi essere felice e avere una vita normale.
Ma lei non è mai stato tentato dal cinema, non ha mai pensato di trovare una sua strada nel mondo così amato dai suoi genitori?
No, assolutamente, l’idea non mi ha mai sfiorato. A dire il vero è il cinema che non mi ha mai entusiasmato.
Rivede anchra spesso i film interpretati da sua madre?
Appena posso si. Vado anche a cercare le copie meno deteriorate delle sue pellicole per la mia cineteca personale.
Quale film secondo lei la rappresenta meglio?
L’episodio girato nel 1953 in Siamo donne con la regia di Luchino Visconti in cui litiga con un tassista perchè le vuole far pagare un supplemento per un “cane da grembo” che ha con sé: è il ruolo che le somigliava di più tra tutti i personaggi da lei interpretati. Ecco, chi vuole conoscere veramente chi era mia madre è proprio quel film che deve rivedere.
R. Pasero
(Foto a colori © Luca Magnani)