Pubblico e critica hanno riconosciuto in lei un’artista e una donna vera — Al mercato colcosiano e all’Università — Il commiato da Mosca sarà solo un arrivederci
Forse soltanto Eduardo ha avuto a Mosca accoglienze paragonabili a quelle che il pubblico del Malii Teatr, la gente comune incontrata sulla piazza Rossa, o nei negozi di via Gorki, hanno riservato ad Anna Magnani. Il nome di Eduardo (che è stato atteso sino all’ultimo perché avrebbe voluto essere presente alla «prima» del La Lupa), non nasce a caso e l’accostamento con Annarella diventa quasi una cosa ovvia di fronte alla intensità di questi applausi moscoviti.
Perché è vero che qui tutti vengono accolti con simpatia, cantanti, dive, ballerine, ma un’altra cosa è quando arriva un artista vero: allora, in teatro, sono tutti fermi, muti, il viso allungato verso il palcoscenico, la cuffia della traduzione automatica (a che serve con la Magnani?) che pende inutile dalle spalliere della sedia.
La sera della «prima», quando è calato il sipario, c’è stato, tra la «colonia italiana» presente in platea un momento di smarrimento: sulla scena la lupa era appena morta colpita al cuore con l’accetta dell’amante, e l’applauso, l’atteso applauso non veniva. Solo silenzio, un profondissimo, lunghissimo istante di cupo silenzio.
Che era successo? Che cosa non era piaciuto? Troppo fosco il dramma? Troppo «verismo»? Perché la Magnani non sorride al pubblico? Annarella stava piangendo, un fiotto di lacrime vere, un nodo alla gola, improvviso, perché nel silenzio della platea aveva sentito che gli spettatori vivevano ancora il dramma. Per questo non applaudivano ancora. Il filo che li legava alla realtà della scena non si era ancora spezzato. Poi, un brusco colpo ai capelli per buttarli indietro, un sorriso che si allarga, e allora scoppia l ’applauso, il primo di ventisei lunghissimi applausi.
Di fianco alla Magnani, emozionati, sono il giovane Osvaldo Ruggeri, Ave Ninchi, Colizi, Giannini e gli altri. Solo la Guarnieri che già conosce il pubblico di Mosca (è stata qui coi «Giovani» per il Diario di Anna Frank) «regge» al tuono.
L’incontro con i meridionali
Che cosa ha questa donna? Come ha potuto conservare per venti anni gli occhi di Roma Città Aperta, rimanere autentica, fatta di dramma, di pianto e di risata popolana, in mezzo al crollo (o alla involuzione, o alla evoluzione) del neorealismo, ai grandi mutamenti che intorno a lei, ha subito il paese? Come ha potuto passare da Roma a Hollywood, dal cinema al teatro, senza perdere nulla della sua «grinta», senza
diventare mai una «diva» e rimanere una grande attrice e una donna vera?
Non c’è giornale a Mosca che non abbia pubblicato in questi giorni una intervista con lei. Nessuna concessione, né da una parte né dall’altra, allo «stile rotocalco». Si è parlato di Cecov, di Tolstoi, del destino del teatro, della responsabilità dell’attore.
Le hanno chiesto se ha davvero intenzione di lasciare il cinema: «Non reciterò più per lo schermo — ha risposto — fino a quando non la smetteranno di propormi personaggi di films polizieschi o sexy. Sono pronta, sia chiaro, a fare il “diavolo” , a fare la “furia” , ma il film deve essere serio e umano».
E, per dimostrare la validità di queste sue parole ha poi detto che quello di Mamma Roma è il personaggio nel quale si è più riconosciuta. Peccato, ha aggiunto, che nessuno abbia mai scritto un Amleto per una attrice… (Un Amleto per una attrice come la Magnani… Forse bisogna cercare tra i tragici greci, ma il pensiero corre subito a Eduardo. Come hanno ragione i moscoviti! C’è un altro autore, e c’è un’altra attrice, capaci di portare a livello universale le tragedie dei personaggi più umili?).
«Diva» la Magnani non è stata neppure nella sua vita quotidiana a Mosca; essere diva è proprio fuori del suo temperamento.
Il primo giorno è andata in un mercato colcosiano a comprare frutta (l’albergo ne era sprovvisto e allora ha proveduto da sola, con romanesca efficienza). Al mercato ha visto i meridionali dell’Unione Sovietica: georgiani e armeni che vengono qui con l’aereo a vendere mele, pere, uva, pesche.
Di notte sulle colline Lenin
Di sera, anzi di notte, è corsa sulle colline Lenin per vedere la città allungarsi dietro alla Moscova. E, dietro, la scala di finestre dell’Università. Ma soprattutto ha voluto vedere il GUM, il grande magazzino moscovita, inoltrarsi nel gigantesco labirinto di scale, vetrine, passaggi.
«Peccato – ci ha detto – non avere più tempo per girare, vedere, toccare. Mosca è bellissima. Roma e Mosca si assomigliano, perchè non assomigliano a nessun’altra città».
Ma l’incontro più emozionante la Magnani lo ha avuto nell’Aula Magna della facoltà di letteratura e di storia, davanti ad una platea di migliaia di giovani innamorati del teatro.
Pochissimi di essi avevano trovato un biglietto per assistere alla rappresentazione ma sapevano già tutto, della Lupa e di Giulietta e Romeo e, in onore della troupe italiana, hanno improvvisato uno spettacolo di canzoni popolari.
«Bisogna fare di tutto – ha detto emozionata Annarella – di tutto, per far vedere la Lupa a questi ragazzi. Facciamo un matinée, mettiamoci in movimento. Non si può, non si può andare via senza ripagarli…».
Davanti al teatro c’erano già centinaia di persone, pazienti, silenziose che aspettavano il miracolo di una poltrona improvvisamente libera, uno spazio vuoto in un punto qualsiasi della platea.
«Tornerò sicuramente a Mosca — ci ha detto l ’attrice — e voglio tornarci con la Medea di Anouilh che darò a Roma in dicembre».
A. Guerra
Mosca, settembre 1966
Foto copertina tratta dal documentario “Io sono Anna Magnani” di C. Vermorcken