Nell’isola di Vulcano, quando si girava il film Vulcano, i pescatori che approdavano ogni mattina per rifornire la mensa dei cinematografisti chiedevano se si poteva vedere Maddalena.
“Unn’è Maddalena?” domandavano. Maddalena era il personaggio del film, e il personaggio aveva sopraffatto Anna, una signora bruna che era giunta da Roma con un cane lupo al guinzaglio.
A Maddalena, nel film, il destino aveva imposto quasi la stessa vicenda delle genti, dell’arcipelago Eolie, la vicenda delle maree: partire e tornare dai continenti più lontani: partire per vivere, tornare per morire. E nel personaggio di Maddalena, la donna disperata che torna all’isola natia, dopo tanti anni di assenza la gente dell’isola ritrovava un poco se stessa.
In questo film, passioni umane primordiali ed essenziali trovano una sorta di giustificazione e un movente nell’ambiente naturale aspro, inquieto, e quasi minaccioso dell’isola vulcanica.
La natura, dovendo sempre prevalere e quasi intonare l’azione cinematografica aveva bisogno di una interprete che le andasse incontro di continuo e la tollerasse in ogni sua manifestazione. Questa inteprete non poteva essere che Anna Magnani.
La potente originalità di Anna Magnani comincia dal suo viso, e al suo viso finisce. E’ in quegli occhi spietati al primo aspetto, mentre sono umanissimi non appena ne discenda uno sguardo; è in quella bocca che parrebbe violenta, e invece si schiude in una piega di tenerezza; è in quel profilo diritto e severo che però si anima e si rivela solo nelle espressioni di bontà.
L’aspetto di una Magnani ridanciana e popolaresca è il più convenzionale; oltre questo volto esiste infatti una personalità artistica i cui caratteri sono tanto lievi e profondi da rendere ardua una definizione anche approssimativa. Vi è un altro pregio nell’arte della Magnani, che più profondamente colpì Dieterle, un regista tutt’altro che disposto a fare concessioni di genere estetico ed artistico, e cioè il suo sapere in un sol tempo aderire all’ambiente in cui il dramma si svolge e alle esigenze di una interpretazione destinata al pubblico di tutto il mondo.
Vulcano, nacque giorno per giorno, ora per ora, dalla intesa artistica, veramente istintiva, fra Anna Magnani e William Dieterle.
Chi ha assistito alle riprese fin dal primo colpo di ciak, può dire come non una sola volta sia capitato che i punti di vista fra Anna e Dieterle divergessero tanto da non poter essere conciliati.
Dieterle esprimeva l’opinione che tale scena doveva ripetersi, ed Anna era dello stesso avviso, proprio per gli stessi motivi; Anna Magnani preferiva che l’intonazione di una battuta fosse invece di un’altra, e Dieterle doveva riconoscere che era giusto.
Vulcano, è, prima di tutto, un perfetto esempio di collaborazione internazionale. E’ la prima volta che un regista straniero della levatura di Dieterle dirige, in Italia, un film interpretato da un’attrice celebre in tutto il mondo come la Magnani, da un attore popolarissimo da noi e in forte ascesa negli Stati Uniti, Rossano Brazzi, e da una giovane americana anch’essa già celebre, Geraldine Brooks.
Ma l’importanza di Vulcano non sta tutta qui.
Nato dalla accorta combinazione di grandi talenti artistici e di provate capacità tecniche, prodotto con capitali interamente italiani, ambientato nella culla della latinità, il Mediterraneo, Vulcano è stato reclamato ancor prima che fosse dato un solo giro di manovella, da tutti i mercati americani, del Nord e del Sud America; conteso da tutti i distributori europei; accettato in partenza, in tutto il mondo, come il più grande film che sia stato mai messo in cantiere.
Il successo di questo film sarà il successo di un gruppo di artisti e di industriali. Ma significherà anche preminenza, in tutto il mondo, di un modo di sentire, di lavorare, di creare: accettazione di una maniera di pensare, di vivere, di amare.
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