La famosa attrice tornerà a cantare nel suo prossimo film in corso di lavorazione
E’ difficile abituarsi a guardare Anna Magnani con i capelli biondi. Nannarella, la popolana bruna di tanti e tanti film, è diventata in questi giorni, per esigenze artistiche, una bionda signora.
Più che di una “signora” vera e propria, si tratta i una generica, fallita come attrice, alle prese con un “bulletto” romano (Ben Gazzara) che nella notte di capodanno vuole approfittare della confusione generale per effettuare un grosso “colpo” ladresco, facendosi aiutare dalla generica (Anna Magnani) e da un comico di varietà (Totò). Nonostante tutte le avversità, la donna non perde mai il suo buon umore.
Quando torna il libertà, trova ancora la forza di esclamare «Per me l’ultimo dell’anno comincia oggi».
Il film, di cui il titolo è Risate di Gioia, si svolge in chiave comico-sentimentale. Un genere molto familiare alla Magnani che cominciò la sua carrriera di attrice proprio interpretando vicende miste di comico e di patetico. Il grosso pubblico cominciò ad apprezzare questa grande attrice in Campo de’ fiori, Teresa Venerdì, La vita è bella, L’onorevole Angelina, nei quali ella soprendea per la facilità con cui passava da una scena drammatica alla comicità più irresistibile.
Ma prima del cinema, Nannarella aveva calcato le tavole del palcoscenico come attrice di prosa.
Appena diciassettenne colse il suo primo successo in Argentina, in Fifina che la compagnia di Dario Niccodemi stava portando in giro per il mondo. Quindi fu accanto ad Elsa Merlini ne I triangoli.
A vent’anni, il trionfo giunse con Sora Rosa di Sabatino Lopez. Quella ragazzetta bruna e magrissima aveva il teatro nel sangue. Poi il cinema l’attrasse.
Nel 1934 girò il suo primo film, La cieca di Sorrento, ma soltanto undici anni dopo, nel 1945, la fama di Anna Magnani varcò i confini del nostro Paese con Roma città aperta. In quei duri anni del dopoguerra Nannarella interpretò diversi film che le fecero conquistare una delle prime posizioni nella scala mondiale delle migliori attrici, tanto da meritare alfine l’Oscar.
Però fra il ’40 e il ’44, accettò una scrittura in due commedie musicali presentate, l’una dopo l’altra, all’Eliseo di Roma.
Una di esse, I milioni, scritta da Michele Galdieri, fu per la Magnani il battesimo di cantante. In quell’occasione, alle proteste di Nannarella che faceva notare la mancanza di qualsiasi preparazione musicale, Galdieri rispose «Tu non canti con la voce: canti con le mani, con il viso, con tutto».
«Anche qualche anno fa», racconta Anna Magnani, «sono tornata a recitare e a cantare in una commedia muiscale, sempre di Galdieri, che si dava al Quirino. E’ stato come allora. Del resto sono sempre convinta di quello che faccio. Tutto mi parte dal cuore ma so guidare il mio istinto. Non è vero che sono un cavallo matto, come a qualcuno è piaciuto definirmi».
Nannarella scuote la chioma bionda quando si accorge che un fotografo, nel piazzale antistante i teatri di posa, dove Mario Monicelli gira Risate di gioia, la prende di mira.
L’attrice è raffreddata. «Mo’ quello me vo’ fotografa’», dice sottovoce, «mentre me soffio er naso. Che je’ dovrei dì?»
Anna Magnani è una donna semplice, della vita di ogni giorno. D’una gentilezza estrema, cordiale, sincera, l’attrice stabilisce subito un rapporto di simpatia con l’interlocutore.
«Divido la mia vita di attrice tra l’Italia e l’America», dice. «A Hollywood girai nel ’54 La rosa tatuata, due anni dopo tornai per interpretare Selvaggio è il vento, poi, l’anno scorso, Orfeo. Ogni volta mi trattengo in America cinque mesi. Gli americani sono scrupolosi nel lavoro. Ci ritornerò l’anno prossimo per un nuovo film ma non posso dire il titolo nè parlare della trama. Non sono stata autorizzata a dirlo, ma se faccio questo film vuol dire che mi interessa. Quanto alla lingua inglese, in confidenza devo dire che provo ancora qualche difficoltà, però riesco subito a superarla perchè ho molto coraggio.»
«Programmi futuri?», «Non faccio mai programmi», risponde. «Dipende da quello che mi propongono. Mi hanno proposto di fare un altro film in America e lo farò l’anno prossimo. Poi… chissà.»
8 DOMANDE AD ANNA MAGNANI
Abbiamo rivolto ad Anna Magnani otto domande di carattere musicale. L’attrice ha risposto a ognuna di esse con la massima sincerità.
Qual è la canzone che canta in Risate di gioia?
Geppyna.
In quali altre occasioni ha cantato?
Nel film Siamo Donne, nell’episodio diretto da Visconti, ho interpretato “La fioraia” di Michele Galdieri. Poi anche in altri film, ma non ricordo quali. In America, in Selvaggio è il vento ho cantato “Scapricciatiello”. Senza voce, ma ho cantato sempre. Non parliamo delle riviste: ho quasi sempre interpretato una canzone. L’ultima, in palcoscenico, è di cinque anni fa, in una rivista di Galdieri, il mio autore preferito. Poi mi recai in America per La rosa tatuata.
Le piace cantare?
Mi piace quando ne ho voglia, come del resto faccio volentieri qualsiasi cosa che mi piace. Quando non mi va, nessuno mi smuove. Le canzoni mi divertono, mi rendono quasi felice.
Lascerebbe – è un’ipotesi assurda – la sua professione di attrice, per quella di cantante?
Mai. Anche se la musica, quella seria e quella leggera, mi piace molto.
Quale genere di canzoni preferisce?
Non ho preferenze, purchè siano delle belle canzoni. E per belle canzoni intendo una bella musica con parole ancora più belle. Un motivo privo di buoni versi, non è mai bello.
Ha un debole per qualche canzone?
Mi piacciono “Mattinata fiorentina”, “Arrivederci, Roma” e moltissimo “Libero”. Di Modugno preferisco “Strada ‘nfosa” e quella meravigliosa canzone che è “Lu pisci spada”, la più bella di tutte. E poi ancora quelle in dialetto siciliano.
Suona qualche strumento musicale?
Il pianoforte. L’ho studiato da bambina, per 7 anni. Di tanto in tanto mi siedo dinanzi alla tastiera e mi abbandono a qualche melodia.
Frequenta i locali pubbici, i night-clubs?
Esco raramente, ma quando mi capita preferisco recarmi in qualche locale dove si possa ascoltare della buona musica che mi sollevi lo spirito. Se posso, vado ad ascoltare un buon concerto. Recentemente sono stata all’Auditorio, ad un concerto di Carlo Zecchi.
E. Maurizi