Anna Magnani ritorna alla rivista in una invenzione teatrale di Galdieri ispirata alla duplice commedia: dell’arte e della vita.
Anna Magnani ha lasciato, nel teatro di rivista, un ricordo indimenticabile, un’impronta sicura e vivace della sua grande personalità: ed è stato subito dopo la guerra, in un’agile e divertente rivista dove Anna era Eva e Carlo Ninchi Adamo: una coppia eccezionale.
Nannarella, come la chiamano affettuosamente a Roma, e ormai perfino fuori d’Italia, era di volta in volta la cantastorie girovaga, la peripatetica dei lungotevere e la celebre bandita discesa da Velletri (una specie di Fra Diavola) sempre esuberante, comunicativa, spigliatissima e capace, come nessun’altra di stabilire contatti diretti col pubblico trasformando in teatro vivo ed attivo la platea, i palchi e le gallerie, tutti insomma gli spettatori, uno per uno.
Questo fu il segreto del trionfo di Nannarella nello spettacolo di rivista; un trionfo che la fece perfino apparire bella di forme e che le consentì di presentarsi addirittura come danzatrice hawajana con la gonna di striscioline di paglia e la collana di fiori sul busto quasi nudo.
Ma il trionfo non si è ripetuto a San Remo, nonostante la estrema buona educazione e la raffinatezza del pubblico. E la causa principale non è stato nè il continuo rimandare lo spettacolo (che è andato in scena quattordici giorni dopo il previsto) nè la disordinata e complicatissima preparazione.
La causa, anzi la colpa, è stata la mancanza di mordente, di brio, di autentica comicità. La finezza, il buon gusto, l’intelligenza non sono mancati nel copione di Michele Galdieri: al contrario, hanno abbondato tanto che perfino il pubblico più sofisticato non ha saputo nascondere una certa noia.
Come abbiamo già detto a proposito di altre riviste, questo genere di spettacolo sta conducendo, da qualche tempo, la battaglia del cervello contro le gambe. Ottimo e giudizioso principio, a patto però di… non esagerare. Chè la rivista non può diventare nè la commedia, nè tanto meno una specie di rompicapo di sapore filosofico.
Chi è di scena? (questo il titolo della rivista della Magnani) pecca di eccessiva intelligenza, anzi di freddo cerebralismo; si perde in lungaggini, siano pure ingegnose, e dà troppa parte alla recitazione.
Il suo filo conduttore è la duplice commedia, dell’arte e della vita. Si comincia con un teatrino di guitti e da quello vengono fuori alcuni personaggi celebri del teatro tradizionale, da Amleto alla Figlia di Jorio. Seguono quindi i sei personaggi pirandelliani in cerca d’autore, dei quali fa parte anche la Magnani in un ruolo veramente superbo, per bravura di arte.
E poi, i personaggi della commedia d’oggi, la commedia della vita: dal famoso marchese De Cuevas (che, com’è noto, organizzò l’anno passato un ballo così clamoroso e dispendioso da apparire un insulto alla povertà e da attirarsi i fulmini della Chiesa) a Pinocchio e al suo monumento; da Toulouse Lautrec a Don Camillo.
Questi ultimi due soggetti hanno dato luogo a due quadri divertenti e specialmente è stata ammirata, per la perfezione dei costumi e delle truccature, la ricostruzione del Moulin Rouge con la Goulue e il frenetico can-can. Perchè, naturalmente, non mancano in Chi è di scena? i bei quadri e gli spunti felici.
Ma sarà necessario che Galdieri riveda la sua invenzione teatrale e la riduca molto. O, per lo meno, vi aggiunga quel tanto di spirito e di schietta vena comica che sola può far reggere uno spettacolo del genere.
La Flora Torrigiani, prima ballerina, è deliziosa, ma si vorrebbe avere la possibilità di ammirarla più a lungo. Anche Andreina Paul, chi è andato il compito di un malizioso spogliarello è una interprete brava e graziosissima. E tutti fanno del loro meglio, con ogni impegno possibile, per portare in fondo una rivista così macchinosa: Cimarra, Cesare Danova, Gianrico Tedeschi, il cantante Nunzio Gallo.
Il finale della rivista, che si ispira al Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, è sfarzoso e originale, anche grazie agli impossibili costumi disegnati di Stanislao Lepi con una fantasia così… surrealista che, a quanto pare, non riuscivano ad essere nè fabbricati nè indossati. Si dice che la sartoria abbia dovuto rifarli due volte e Dio sa come si sostengono, date anche le capricciose e arboree acconciature dei capelli!
In questo Sogno l’unico cruda e indigeribile realtà sono le gambe nude della Magnani, le sue braccia di lottatore e la sua maschera, sensibile e intelligente, ma fuor di posto tra le lisce bande dei capelli sormontati da rami di velluto e di lustrini.
Nannarella non ci guadagna nulla a scoprirsi. E non ne avrebbe bisogno neanche se fosse bella quanto Venere; perchè sulla scena è così vibrante, fine, arguta, che sostiene col fascino dell’arte sua le più deboli situazioni trasformando mirabilmente in oro puro qualunque battuta ed è tanto artista da poter allegramente rifiutare qualunque sussidio estraneo all’arte medesima.
S. Cervi