Nel camerino di Anita Garibaldi
Il tram di Cinecittà è semivuoto alla partenza. Ormai molti teatri di posa son chiusi, gli elettricisti addetti ai grandi riflettori «da cinquemila» hanno spento i carboni, i registi e gli attori se ne sono andati in proiezione a veder il materiale girato il giorno prima.
Soltanto, sul tram, è salito un gruppo di giovani. Sono vestiti per lo più con l’abbigliamento ancora tipico di certi giovani romani dei quartieri periferici: quelle giacche impermeabili, quei pantaloni verdognoli, quelle scarpe a stivaletto che si comprano a Piazza Vittorio e che provengono dagli inesausti rifornimenti che portarono con sé gli americani, e che se ne andarono poi per i mille rivoli della borsa nera.
Poco fa questi giovani avevano tutt’altro abbigliamento: camicie rosse, chepi, fazzoletto al collo e fucili di vecchio tipo in mano. Erano garibaldini, garibaldini di Garibaldi, proprio di quelli che combatterono a Mentana e che poi presero Roma. E poco fa sono andati alla carica con alla testa, niente di meno, Anita Garibaldi.
Loro parlano di come è andata la cosa, di come Giggi è caduto a terra nella foga di correre, di come un altro si è divertito a mettere doppia carica nel suo archibugio per farlo schioppare di più.
E nelle loro parole, nonostante la finzione, si intravede ancora come un sogno, il sogno del cinema, il sogno di poter lavorare in una particina, non più confusi tra gli altri, di diventare forse grandi, col nome sui manifesti.
E ci colpisce ancor più questo sogno, perchè poco fa abbiamo parlato proprio con Anita Garibaldi. Fumava una sigaretta nel suo camerino e nonostante le vesti da guerrigliera aveva lo stesso volto di quella donna che, in un film che sta interessando tutta Italia, cerca di spiegare che questo sogno del cinema è un’ambizione sbagliata, è una favola assurda, cinica e immorale.
E’ Anna Magnani, l’interprete di Bellissima di Luchino Visconti e l’interprete di Camicie Rosse, il film garibaldino che si sta girando a Cinecittà.
Eravamo andati a intervistare Anna Magnani, spinti dal successo del suo film. Eravamo andati perchè lei ci dicesse qualche cosa su quel personaggio di donna romana che ci aveva commosso e colpito.
Ma il discorso si era poi allargato alle interpretazioni passate e future di questa nostra grande attrice.
Anita, donna innamorata
«Il personaggio di Bellissima non mi turbava molto, come non mi aveva turbato il personaggio di Roma città aperta o de L’onorevole Angelina.
Queste sono donne del mio tempo, della mia città, che parlano come parlo io, che si muovono come me. Sono le donne che mi trovo continuamente di fronte agli occhi, se cammino per la strada.
Non era difficile interpretarle, interpretare i loro desideri, i loro sentimenti e le loro ambizioni.
Per Anita Garibaldi è molto diverso e debbo dire che sono quasi preoccupata. Anita è un personaggio lontano nel tempo e per di più è un personaggio storico. E così nascono tanti problemi e tante difficoltà. Chi se la immagina in un modo, chi se la immagina in un altro. Io, se potessi fare quello che sento, farei una Anita molto semplice, una donna che ama.
Una colonna di partigiani, con in testa Garibaldi, e questa donna che farebbe tutto per amor suo. Per quello che ho potuto fare ho cercato di dare proprio questo senso al mio personaggio, accentuando tutto l’affetto e l’ardore di cui una donna è capace. L’amore per l’Italia? Si, certamente, ma l’Italia per lei era Garibaldi».
Certamente, occorre liberare di molta retorica i personaggi di questo genere. Ricordiamo il grande esempio di un altro film sui garibaldini: 1860, dove la storia veniva vista appunto senza falsi veli. Certo, il personaggio di Anita Garibaldi è un personaggio difficile e non sappiamo quanto le condizioni di lavorazione di Camicie Rosse abbiano permesso ad Anna Magnani di lavorare come voleva.
Ma Anna Magnani è una grande attrice e saprà certamente darci molto. Le chiediamo quali saranno i suoi prossimi film.
«Appena finito Camicie Rosse mi aspetta La Carrozza d’oro. Renoir sta mettendo a punto la sceneggiatura, e io non ho ancora potuto rendermi esatto conto della mia parte. Perciò su questo film non posso dir molto. Mi metterò nelle mani di Renoir, e vedremo».
«Ma c’è qualche film che la interessa particolarmente?».
«Certamente, ci sono molti soggetti che vorrei realizzare. Innanzitutto spero e desidero ardentemente di continuare a lavorare con Visconti. Ho lavorato benissimo con lui in Bellissima e d’altra parte questo era un incontro che si protraeva da dieci anni.
Visconti è stato il primo a pensare a me, quando io facevo ancora la rivista. Allora voleva assolutamente che io lavorassi in Ossessione. Ma io stavo attendendo un figlio, in quell’epoca. Il film ebbe un mese di ritardo. Lui poteva ritardare, ma mio figlio no. E allora non se ne fece niente. Poi c’è stato Bellissima».
«E ora, che cosa intendete fare assieme?».
«C’è un vecchio amore comune, una novella di Verga: La lupa. E’ un bellissimo personaggio femminile».
La lupa infatti è una delle più belle novelle del grande scrittore siciliano. Da molti anni Visconti pensava a questo film e all’atmosfera verghiana che poi ha trovato in La terra trema.
E’ un personaggio di donna quasi selvaggia, che ama con passione folle, nello stesso ambiente di sentimenti primordiali che il Verga descrisse in Jeli il pastore e nella Cavalleria Rusticana.
«E se La lupa non si potrà fare?».
«Io spero che si faccia. Comunque ho anche altri soggetti per la testa. Ce n’è uno che mi attira particolarmente, un soggetto mio: il personaggio di una suora».
Un altro film su Roma
A dire la verità restiamo un po’ sorpresi. Anna Magnani comprende la sorpresa e sorride:
«No, non quello che pensa lei. Non una di quelle suore con la cuffia inamidata, pulite pulite. La monaca che vorrei fare è una suora addetta a un campo di profughe, che lava i pavimenti, che pulisce i gabinetti, sporca, scarmigliata. Di giorno lavora e di notte sopravviene l’angoscia. Le donne del campo si agitano: desideri repressi, vizi, urla. La donna è duramente provata, finchè non resiste. Non è più la monaca paziente, ma si ribella. Questa naturalmente è soltanto un’atmosfera. Ma il mio soggetto ha una storia più complessa».
«Ci sono altri progetti? Qualche personaggio sulla linea di quello di Bellissima, di Roma città aperta? Qualche altro ritratto di questa lunga galleria di donne romane?».
«Certo, ce n’è uno: Aria di Roma si chiamerà il film. Ne è protagonista una ragazza del quartiere di Tor di Nona, una ragazza del popolo, libera, spregiudicata, un personaggio da Corte dei miracoli. Se ne va in giro con l’organetto a cantare stornelli maliziosi a un certo conte che abita in un palazzo patrizio da quelle parti, una specie di quel conte Tacchia di cui parlano le cronache romane dell’Ottocento. Su questo contrasto si dovrebbe svolgere il film, con una serie di beffe, di situazioni spassose, talvolta crudeli, in un affresco di un intero quartiere romano».
«Parolacce» per Gastone
Mentre stiamo parlando con Anna Magnani, bussano alla porta del camerino. E’ Gastone Renzelli, l’operaio che ha interpretato la parte del marito della protagonista in Bellissima Renzelli è un ossarolo, un operaio del mattatoio. Ha spalle larghissime e mani grosse.
Anna Magnani gli prende una mano e dice: «Nel film, secondo la sceneggiatura, lui mi doveva dare un paio di schiaffi davanti alla macchina da presa. Ma io gli ho guardato le mani, e mi sono assolutamente rifiutata».
D’altra parte, sarebbe stato pericoloso. Perchè Renzelli si anima nel descriverci le sue reazioni di fronte alla storia di Bellissima.
«Quanno lei me parlava bene, gentirmente, allora io me sentivo de risponneje gentirmente. Ma quanno se metteva a strillà, a dì cose cattive, a insurtamme, allora m’arabbiavo davvero. Visconti me diceva: “A questo punto ti devi arrabbiare”. Ma nun c’era bisogno. Ero tanto arabbiato a sentimme trattà male, che l’avrei presa a schiaffi sur serio».
Chiediamo a Renzelli come è andata a Testaccio, nel suo quartiere, dopo la prima di Bellissima.
«Alla prima, c’era tutto er Mattatoio, ar completo. Er giorno dopo, le parolacce che m’hanno detto…».
«Parolacce?».
«Parolacce, certo. A Roma so’ complimenti».
I complimenti glieli facciamo anche noi, ma non a parolacce. Poi, l’ultima domanda alla Magnani:
«Intende tornare al teatro?».
«Ne ho una voglia matta».
«Che cosa vorrebbe fare?».
«Tutto. Dalla Signora delle camelie alla rivista. Ma al teatro ci voglio tornare. Però mi debbo riposare, prima. E con questi film uno appresso all’altro, non è troppo facile».
T. Chiaretti
Foto copertina © Studio Patellani/CORBIS