“L’onorevole Angelina”, girato nel 1947 con la regia di Luigi Zampa (altro grande del nostro cinema), ci propone una Magnani oltremodo combattiva, tenace e ostinata.
La storia si svolge nell’immediato, tragico, dopoguerra nel quartiere periferico romano di Pietralata. La protagonista, Angela Bianchi, detta Angelina, è una donna del popolo, madre di cinque figli (per compiacere il vecchio regime che alle famiglie numerose garantiva contributi economici e sgravi fiscali) e moglie di Pasquale (Nando Bruno), un brigadiere mite e sinceramente innamorato.
Angelina è una donna intelligente, caratteristica visibile sin dalle prime scene. Protettiva, affettuosa, ma anche severa e ferma nelle sue decisioni, è l’elemento forte della famiglia e di tutto il vicinato, composto da molti sfollati costretti a vivere in un ambiente degradato e poco igienico.
La guerra riverbera i suoi drammatici effetti soprattutto sulle classi più deboli, per quanto l’idea di “classi sociali” sia molto discutibile in teoria ma in pratica è palese la discrasia tra le condizioni dei cittadini della nuova Repubblica Italiana.
Angelina è una donna che lotta per i propri diritti, che fa delle scelte concrete, che riconosce i propri limiti e possiede un’intuizione potentissima.
La vicenda s’intreccia con temi di forte attualità per l’epoca, quali la borsa nera, il ruolo della donna, la speculazione edilizia in un Paese da ricostruire.
In questa quotidianità fatta di stenti e ristrettezze economiche, Angelina si fa rappresentante e portavoce di esigenze comuni a tutte le famiglie che, come la sua, vivono l’abbandono e l’indifferenza delle Istituzioni.
Grazie alle sua battaglie e con il sostegno di un comitato (potremmo dire) di sole donne, Angelina riesce ad ottenere i primi risultati che permettono quantomeno di ovviare alle esigenze fondamentali.
Ma il suo impegno continua, tanto che nel fermento e nel diffuso partitismo dilagante in quegli anni, decide anch’essa insieme alle sue compagne di costituire un partito politico. Angelina dovrà rappresentare in Parlamento tutta quella classe di poveri derelitti, vittime delle circostanze, incapaci di arrendersi. Dovrà essere onorevole, l’onorevole Angelina.
Pronta a dare il proprio onesto e sincero contributo per l’ottenimento di quelle tutele concrete, Angelina si immerge anima e corpo in questo nuovo progetto, dimenticando il suo ruolo di donna di casa. Sarà suo marito, sconsolato e poco entusiasta delle velleità politiche della moglie, ad occuparsi delle domestiche e della cura dei figli.
E’ qui evidente un capovolgimento di prospettiva: l’uomo, costretto dalle necessità, s’improvvisa in tutte le mansioni generalmente e tradizionalmente attribuite alla figura femminile.
Il temperamento e l’irruenza di Angelina provocheranno in Pasquale anche un notevole imbarazzo, soprattutto in quanto rappresentante delle forze dell’ordine e quindi garante della legalità. Sarà costretto in più di un’occasione a contenere i comportamenti quasi eversivi della moglie, tanto da entrare in conflitto con lei e con i figli, che lo vedono come una sorta di ostacolo all’ascesa politica della madre.
Stanco, disamorato e incapace di gestire la nuova situazione familiare venutasi a creare, Pasquale si convince che l’unico modo per non creare ulteriori tensioni sia quello di andare via, tanto da chiedere (senza poi ottenere) il trasferimento al suo superiore. Da “capo” della famiglia, Pasquale viene a trovarsi in una posizione marginale e di subordinazione morale.
Sarà proprio Angelina a ristabilire l’ordine preesistente, riconoscendo i propri errori, le proprie mancanze e imponendo (in modo brusco) ai figli di riservare sempre rispetto al loro padre.
Malgrado il suo costante impegno, Angelina sarà costretta ad riconoscere una realtà ben diversa da quella prospettata. Il Commendatore Garrone (Armando Migliari), che aveva promesso di destinare i fabbricati agli sfollati che li avevano precedentemente occupati, non mantiene la parola data e Angelina, amareggiata, offesa e abbandonata ormai anche dai suoi sostenitori, tenta addirittura di forzare il blocco di poliziotti posti a tutela degli immobili.
Suo marito riesce a bloccarla in tempo, ma questo gesto le costerà comunque alcuni giorni di prigione, offuscherà la sua nomea di sindachessa ma le consentirà anche di riflettere su ciò che aveva perso di vista, cioè che per lei era veramente importante: la sua famiglia.
Nonostante il ritrovato consenso della sua gente, Angelina, ormai libera, tiene un convinto e commosso discorso, declinando qualsiasi impegno politico: non vuole essere onorevole, vuole essere solamente la sora Angelina, quella che baccaglia per migliorare il mondo che la circonda. Il suo mondo, quel suo piccolo mondo fatto di cose semplici e vere, è il suo unico Parlamento.
Il personaggio di Anna Magnani si muove in un contesto sociale nel quale emergono discussioni sui diritti civili e istanze sociali di notevole interesse. Questa donna schietta, intelligente, astuta, informale coinvolge lo spettatore e quasi lo induce a “tifare” per lei in un’altalena di situazioni nella quali i deboli vincono e soccombono.
La donna italiana, da poco legittimata a votare e quindi ad esprimere la propria opinione politica, è vista come elemento innovatore e di rinascita: una donna capace può giungere a risultati importanti con la sua sola intelligenza, forza e onesta, scardinando qualsiasi preconcetto e dimostrando con i fatti le proprie capacità.
Angelina è una creatura semplice, non particolarmente istruita, ma in grado di tenere testa a tutti e intuire le situazioni con estrema lucidità. Ma è anche una madre affettuosa e una moglie amorevole: resasi conto dell’inconciliabilità delle due dimensioni, quella pubblica e quella privata, abbandona la prima con grande onestà e umiltà, riconoscendosi prima di tutto come indispensabile per la propria famiglia.
Il film si chiude con un’immagine simbolica e rappresentativa di una famiglia unita che, tra le mille e imprevedibili difficoltà della vita, si fa forza e continua a vivere con coraggio e dignità.
Anna Magnani ha il volto e il fisico dell’Angelina ideale, tanto da essere premiata con il Nastro d’Argento come migliore attrice e con la Coppa Volpi al Festival di Venezia. Con la sua interpretazione, la Magnani rappresenta e condensa in un’unica donna tutte le voci, le speranze, le attese di quella parte onesta (e spesso sfortunata) della popolazione.
Tutte le donne, destinatarie di questo messaggio unificante e anacronistico, possono riconoscersi in Angelina e assumerla a modello.
di Mariangelica Lo Giudice
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Ogni volta che vedo “L’Onorevole Angelina”, mi prende una grande commozione; vengo sopraffatta da un senso di nostalgia per un tempo perduto, lontano…la mia infanzia. Ogni volta che vedo “L’Onorevole Angelina”, ritorno con il ricordo a mia nonna. Sì, perché mia nonna era proprio così: stessi capelli spettinati che non ne vogliono sapere di stare su, stessi poveri vestiti e stesso scialle sbattuto sulle spalle, con una “caterva” di figli appiccicati alle gonnelle e la preoccupazione di mettere assieme il pranzo con la cena. Forse è per questo che Angelina, così come le tante altre donne interpretate da Anna Magnani, rimane ancora viva nel tempo, commuove, fa breccia dentro. Forse perché ognuno di noi può ritrovare in Angelina – e in Anna – una parte di sé, un pezzo della propria storia: una madre, una nonna, una figura amata in cui continuare a riconoscersi. Spostandoci dal personaggio al film, penso che”L’Onorevole Angelina” sia, a distanza di quasi 70 anni dall’uscita, quanto mai attuale. A ben guardare, i mali dell’Italia di oggi sono già tutti lì: la crisi abitativa, i “palazzinari”, i dissesti ambientali dovuti all’incuria dell’uomo, gli intrecci fra affari e politica, la corruzione. A vederlo con gli occhi di oggi, “L’Onorevole Angelina” é un film amaro che mostra come i germi del declino attuale erano già presenti allora, in un paese piegato dalla guerra e che cercava di rinascere. Ma, pur in questo contesto, Angelina resiste, non si piega. Lotta per i suoi figli, per la sua comunità, per un futuro che stenta a venire. Angelina non accetta compromessi, non cerca scorciatoie, resiste alle “sirene” del Commendator Garrone che vuole comprarla. È una grande donna Angelina, che, sulle note della nostalgia, ci riporta dolcemente a ieri, ad un’infanzia lontana e ad una nonna mai dimenticata e poi, attraverso le vicende del film, ci catapulta all’oggi, ricordandoci il valore e l’importanza della dignità come presupposto per un domani migliore.
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