Roma, Novembre 1952
Anna Magnani è partita per Parigi per terminare la sincronizzazione della versione francese del film in technicolor La carrozza d’oro, diretto da Jean Renoir, il quale, dopo diciotto mesi di permanenza in Italia, si è recato allo stesso scopo nella capitale francese.
Qualche giorno prima essa aveva veduto la versione italiana finalmente finita ed era tutta eccitata.
«Non mi ero mai vista a colori», ci ha detto. «Mi ha fatto una certa impressione. E’ una gran cosa il colore! Ma secondo me, va bene per i film sui tempi passati, specialmente scherzosi e patetici come La carrozza d’oro. Il colore dà sempre un’impressione d’irrealtà. I film d’ambiente moderno acquistano maggior forza e verità dal bianco e nero.»
La carrozza d’oro, per cui soggetto Renoir si è ispirato a “La Perichole” di Merimée, narra la storia di un’attrice della Commedia dell’Arte, Camilla nella vita e Colombina sulla scena, e dei suoi tre amori (Felipe, il toreador Ramon, il Vicerè) ai quali rinuncia per l’incapacità di appartenere a uno soltanto.
Ha precisato Renoir: «In Merimée, la Perichole è un’attrice; nel mio film Camilla è l’attrice, o piuttosto la commediante. C’è una grande differenza fra un’attrice e una commediante. Il cane lupo Rintintin è un attore; Chaplin è un commediante. I commedianti, gli artisti, i giullari, gli acrobati, i cantanti, i mimi – coloro che senza distruggere e senza uccidere continuano a morire e a rinascere, a soffrire e ad amare ogni sera – sono più veri dei veri uomini».
Poco prima che il treno si mettesse in moto, abbiamo ricordato alla Magnani questa opinione del suo regista. Si è fatta pensierosa.
«E’ vero», ci ha detto infine con una certa tristezza. «La vita di un’attrice o, come preferisce Renoir, di una commediante, è simile a quella di Camilla: distrugge involontariamente, come un animale, tutto ciò che ha intorno. Essa riesce a essere donna solo nei limiti che le sono consentiti dall’arte. Anch’io sono così. Anch’io sono come Camilla. Non so se Renoir l’abbia capito…»
Alle parti finora da lei preferite – che erano quelle di Roma Città Aperta, L’onorevole Angelina e Bellissima, il film che le ha procurato in questi giorni il premio per la migliore attrice italiana della stagione 1951-’52 – la Magnani ora aggiunge senz’altro la sua umana Camilla de La carrozza d’oro, che ella ha interpretato con autobiografica passione in tutte e tre le versioni, italiana, francese e inglese.
La lavorazione de La carrozza d’oro, nonostante i complessi problemi creati dal colore e dalle tre versioni, è durata solo tre mesi, da marzo a maggio.
Ben quattro mesi è durato il lavoro per la sonorizzazione e l’incisione delle musiche.
Le musiche, infatti, hanno nel film una grande importanza. Vi si è dedicato, fin dal tempo della preparazione, il Maestro Gino Marinuzzi jr.
I problemi musicali de La carrozza d’oro erano due.
Renoir voleva per la sua opera uno sfondo melodico insolito, e inoltre, per la Commedia dell’Arte, voleva musiche particolari, che si possono chiamare reali, com’è reale, poniamo, una canzone napoletana in un film che abbia un commento di tutt’altro carattere e genere.
Il primo problema fu risolto con Vivaldi, il cosiddetto “prete rosso”. Vivaldi è uno dei più grandi compositori del XVIII secolo, epoca in cui si immagina l’azione del film.
La sua produzione fu estremamente ricca e variata, usciva dalle forme tradizionali e quindi era quella che meglio poteva adattarsi a situazioni extra musicali.
Di Vivaldi, Marinuzzi lesse circa 300 concerti e ne scelse 150 che, al pianoforte, fece sentire a Renoir.
La scelta definitiva comprende brani dell’Inverno e della Primavera (dalla serie di concerti “Le quattro stagioni“), l’interno Concerto all’antica e brani della Sinfonia in si minore Al Santo Sepolcro e del concerto in re minore Madrigalesco.
Il secondo problema fu più difficile da risolvere.
Sulla Commedia dell’Arte sono stati scritti molti libri ma in essi la parte musicale è completamente trascurata.
Tutto ciò che, dalle ricerche e dalle letture, il Maestro Marinuzzi riusciva a sapere era che nella Commedia dell’Arte la musica «aveva molta importanza».
Dopo due mesi stava per abbandonare ogni tentativo quando, frugando con Vito Pandolfi in un archivio, pescò dei libriccini dov’erano pubblicati numerosi canovacci di commedie.
In fondo a quei libriccini erano riportati i motivi (solo la melodia) relativi ai canovacci. Era una scoperta.
La maggior parte dei motivi avevano carattere di danza; era musica di straordinaria freschezza, popolare e dotta insieme: popolare in quanto facilmente assimilabile, dotta per quell’eleganza d’espressione e d’ispirazione che è particolare dell’epoca; e forse di provenienza più francese che italiana.
«Sono convinto» afferma il Maestro Marinuzzi «che si tratta di musiche composte appositamente per quelle commedie da autori noti, ma è impossibile attribuirle con certezza».
Musicista e regista si complimentarono a vicenda.
Renoir complimento Marinuzzi di aver trovato le musiche, Marinuzzi ringraziò Renoir per averlo sollecitato a cercarle.
Così, nel film, la Commedia dell’Arte apparirà autentica nei canovacci e nelle musiche.
Per l’occasione sono stati ricostruiti alcuni curiosi strumenti dell’epoca, caduti poi in disuso, quali il serpentone e il chitarrone.
Ma il Maestro Marinuzzi ha dovuto fare anche fatica di compositore. Sua è la “Tarantella dei maccheroni“, composta nello stile dell’epoca.
E’ cantata da Colombina, ciò dalla Magnani che ha una voce di contralto e l’ha imparata a orecchio.
«Non sarò la Besanzoni» dice scherzosamente l’attrice «ma me la cavo…»
Come mai ne La carrozza d’oro si è data tanta importanza alla musica e si è messa tanta cura nello sceglierla e nel registrarla?
Quando qualcuno si è stupito del fatto piuttosto insolito, Renoir ha precisato che il suo film è un’allegoria e che, per crearne l’atmosfera, la musica ha la stessa funzione del colore.
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