Le due maggiori attrici italiane saranno per la prima volta interpreti di uno stesso film: Nella città l’inferno
Roma, giugno
Negli stabilimenti Amato al Palatino l’architetto Ottavio Scotti ha ricostruito un intero “braccio” di carcere femminile: un carcere vecchio stile, sul tipo di quelli ricavati, nel secolo scorso, da antichi conventi; un vecchio carcere con i suoi corridoi, i ballatoi, le piccole celle, le grandi camerate, i cortili per “l’aria”, la stanza del commissario, i lavatoi.
Le donne che da qualche giorno hanno cominciato ad abitarvi vestono l’uniforme a strisce o camicioni di tela così ruvida da star ritti da soli. Ma ve ne sono altre, quelle della “sezione 18”, che preferiscono aggirarsi in sottoveste, si fanno i “bigodini”, si truccano nonostante il divieto del regolamento.
Ed è appunto fra queste che, terrorizzate dall’ambiente nuovo, capita in un primo momento la mite, timida, innocente Giulietta Masina. Come una gallina impazzita, Giulietta sarà inseguita, sballottata da un’inferriata all’altra, fra le urla delle recluse sorprese e inferocite: «Matta! Sonata! Manicomio!».
Giulietta Masina, ovverossia Lina, una domestica veneta ingenua e sprovveduta, rinchiusa in carcere per aver favorito con la sua dabbenaggine un “fidanzato” ladro, è una delle due protagoniste di Nella città l’inferno, il nuovo film di Renato Castellani.
L’altra è Anna Magnani, ovverossia Egle, la “padrona” del carcere, la “campionessa” delle recidive, che non sopporta la balordaggine di Lina e vuole “svegliarla”: un personaggio vivacissimo, spavaldo, creato su misura per la grande attrice da Suso Cecchi D’Amico, sceneggiatrice del film e sua intima amica.
Egle, rinchiusa, come Lina, nel reparto delle ladre, dorme di giorno e fa il pandemonio di notte; è prepotente, dispotica, apparentemente priva di morale. Ma quando, alla fine, Lina, avendo seguito i suoi consigli, rientrerà nel carcere traviata, grottescamente elegante, Egle sentirà tutto il peso del suo errore, la batterà con furia selvaggia e, in un appassionato “a solo”, inviterà le compagne a “gettarle il sale” dietro le spalle: scongiuro, questo, in virtù del quale ella non tornerà mai più in quel tremendo pozzo della disperazione.
Da molti mesi Renato Castellani andava cercando un buon soggetto da tradurre in film. Ne aveva già scartate alcune decine, quando, sotto Natale, Peppino Amato gli porse un libro che teneva nel cassetto già da alcuni anni.
Il libro, intitolato Roma, via delle Mantellate, era stato scritto da Isa Mari, la figlia di Febo Mari, attrice in passato ed oggi stimata segretaria di edizione. In Roma, via delle Mantellate, Isa racconta, in forma di diario, le tremende emozioni di chi entra in carcere per la prima volta, senza averne la più lontana abitudine mentale.
Il libro della Mari non aveva avuto un successo strepitoso, ma brulicava di figure femminili cinematograficamente suscettibili di ampi sviluppi.
Castellani non ebbe esitazioni. Convocata Suso Cecchi D’Amico, alcuni “aiuti” e fedeli collaboratori, si diede subito alla consueta ricerca dei “tipi”, secondo un sistema seguito con successo in altre occasioni: visite nelle carceri e nei commissariati, sopralluoghi nei mercati ed in certi viali di periferia, “battute” in provincia, specie nel Lazio, in Umbria ed in Toscana.
Ma, man mano che la sceneggiatura acquistava rilievo e compattezza, apparve sempre più chiaro che la piccola domestica veneta che entra nel carcere innocente ed attraverso una straordinaria metamorfosi ne esce traviata non poteva avere che un nome: Giulietta Masina. E la “traviatrice”, che per contrapposizione doveva acquistare un rilievo in proporzione, non poteva avere che un volto: quello della Magnani.
Peppino Amato si prese l’incarico di trattare l’ingaggio delle due signore, per le quali la statuetta dell’Oscar è diventata quasi un personaggio familiare. E con abilità tutta napoletana l’animoso uomo di cinematografo ha condotto in porto la brillante “operazione”: per la prima volta Anna Magnani e Giulietta Masina appariranno insieme in un film diretto al regista di Due soldi di speranza, di Giulietta e Romeo, de I sogni nel cassetto.
Oltre alla Magnani e a Giulietta Masina, sono state scritturate Myriam Bru, nella parte di una tragica, sciagurata infanticida; Maria Cristina Gajone nella parte di Marietta, una giovane ladra romantica ed ingenua.
E poi Angela Portaluri, Gina Rovere, Marcella Rovena: altrettanti “tipi” cui faranno corona un notevole numero di interpreti non professioniste, scovate da Castellani negli ambienti più diversi, per coprire gli altri ruoli: ruoli di ladre, truffatrici, mendicanti, ricettatrici, prostitute di umore allegro o di temperamento polemico e rissoso; donne di tutte le età e di tutte le condizioni sociali, che gridano, bisticciano, ridono sguaiatamente.
Un mondo sconosciuto e sconcertante che Castellani si appresta a rivelare.
Fatta eccezione per alcuni ruoli nel film di Castellani non apparranno personaggi maschili. Le voci maschili raggiungeranno il carcere dal di fuori; saranno per le recluse il ricordo cocente e disperato della libertà. Per Marietta, la piccola ladra, l’onesto volto di un operaio intravisto con uno specchietto attraverso un pertugio del carcere e poi cresciuto in un pateticissimo colloquio attraverso una grata, sarà la scintilla del riscatto.
Prima di discendere nell’inferno costruito a regola d’arte negli stabilimenti al Palatino, dove persino la “buca” del teatro principale è stata utilizzata per collocare, in fondo a una scaletta, l’ambiente delle docce delle carcerate, Giulietta Masina ha fatto visita ad Anna Magnani nel suo piccolo paradiso a palazzo Altieri: il bellissimo “attico” in un angolo del quale troneggia l’Oscar guadagnato dalla padrona di casa come interprete di La rosa tatuata.
E’ stato un incontro molto affettuoso, un incontro di due vecchie amiche che hanno cento cose da dirsi tutte insieme: «Sono felice», ha detto la Masina, «di recitare finalmente insieme con te: lo ritengo un onore e una fortuna». «Ti ringrazio», ha risposto la Magnani, «e ricambio il complimento». «Quando ci rivedremmo, dopo il rientro di Anna dall’America», ci ha raccontato, a questo punto, la Masina, «noi due pensammo di produrre un film: Magnani-Masina: una ditta serissima…». «Imbattibile…». «Agguerrita».
E si sono abbracciate, come due sorelle.
A. Lusini