Roma, novembre
Se Tennessee Williams è testardo, Anna Magnani non lo è di meno.
Da quando si sono conosciuti – e ormai fanno dieci anni – è in corso fra di loro una schermaglia ancora lontana dalla conclusione.
Dieci anni fa, Tennessee Williams vide la nostra attrice nel film di Rossellini L’Amore (ma fu soprattutto colpito dall’episodio intitolato Il miracolo) e decise che era la sua interprete ideale.
Dopo un viaggio in Sicilia, scrisse di getto, in un albergo di Roma, La rosa tatuata e le telefonò per proporle la parte di Serafina sui palcoscenici di Broadway, una parte tagliata su misura per lei.
A quel tempo la Magnani parlava il romanesco e l’italiano. E, se ricordo bene, anche il francese.
Della lingua inglese, però, non sapeva nemmeno un parola e, servendosi di un interprete, ne informò immediatamente il commediografo.
«Niente paura», le rispose Tennessee. «Serafina è una siciliana emigrata nella regione di New Orleans e parla un inglese bastardo, facile da imparare. E più forte è l’accento, meglio è».
Mi svegliavo alle sei
La Magnani non si lasciò convincere.
Ammirava Tennessee Williams, era lusingata dalla sua attenzione e Broadway, tutto sommato, l’attraeva non poco, ma diceva a se stessa: «Nannarè, chi te lo fa fare?». E giustamente affermava che gli attori debbono recitare nella propria lingua.
La schermaglia cominciò allora. Tennessee Williams voleva la Magnani a Broadway, essa rispondeva: «Al massimo, Hollywood“.
E spiegava: «Se sbaglio una battuta durante le riprese cinematografiche, mi fermo e ricomincio da capo. Ma sul palcoscenico che faccio?». Infatti, imparato in fretta e furia un po’ di inglese, interpretò La rosa tatuata a Hollywood e ottenne l’Oscar, spuntandola su Susan Hayward, protagonista di Piangerò domani.
Tennessee Williams tornò subito alla carica. «Ho pronta un’altra commedia», le disse, «si chiama Orpheus descending, La discesa di Orfeo. Ho scritto la parte della protagonista femminile, Lady Torrance, pensando a te. Broadway ti aspetta.»
Anna Magnani rimase senza fiato. «Chi sarà», chiese, «l’interprete maschile?» Tennessee sparò la bomba: «Marlon Brando. Il personaggio di Val Xavier l’ho scritto per lui».
Poteva, la Magnani, rifiutarsi?
Tempo prima aveva ribadito le sue idee sul fatto di recitare in un’altra lingua, con una riserva: «Chissà! Può anche darsi che un giorno ci provi. Ma lo farò soltanto per il gusto di una grande emozione.»
L’occasione non poteva essere più propizia e Tennessee Williams credette d’aver vinto la partita.
Ma c’è sempre chi propone e chi dispone. E questa volta, a disporre, furono gli impegni cinematografici di Brando.
Bloccato a Hollywood, Brando disse che gli dispiaceva molto ma che non aveva assolutamente tempo d’interpretare la commedia.
La Magnani allora mandò un sospiro di sollievo. Senza Brando, niente Broadway. «Addolorata. Molto addolorata, Tennessee caro. Sarà per un’altra volta».
Era l’estate del 1957.
La nostra attrice stava interpretando Selvaggio è il vento e già si profilava la possibilità di un film tratto dalla Discesa di Orfeo, che è stato poi realizzato quest’anno.
Fece i calcoli. Contò i mesi che avrebbe dovuto rimanere lontano dall’Italia e ne fu terrorizzata. («Io sono come le piante. Devo tornare dove ho le mie radici».)
Un anno, forse di più. Un anno lontana da Roma e dalla sua casa. («Senza di me qui tutto si ferma.»)
Lontana dal figlio, Cellino. «Portalo in America», le disse Tennessee Williams.
Assurdo. Assurdo fargli cambiare scuola e trapiantarlo di colpo, temporaneamente, in un ambiente tanto diverso.
«Ti voglio bene», rispose a Tennessee Williams, «ma preferisco rinunciare. Sarà per un’altra volta.»
«Sarà per un’altra volta». E il duello continua.
Intanto, sotto la direzione di Sidney Lumet, il regista della Parola ai giurati, Anna Magnani ha potuto con Marlon Brando riformare per lo schermo la coppia destinata tre anni prima a presentare in teatro Orpheus descending. (In Italia, questo film si chiamerò La pelle del serpente.)
«Lady Torrance è il più difficile personaggio che Tennessee abbia scritto per me», mi ha detto l’attrice.
Moglie di un uomo malato che non ama, Lady Torrance si abbandona alla passione per un chitarrista vagabondo, Val Xavier, che suscita intorno a sé desideri e turbamenti.
L’ambiente è il bazar di una piccola città del Sud (l’Inferno) dove Val, in cerca di lavoro, approda come il mitico Orfeo e restituisce alla donna il gusto della vita.
Terzo elemento del dramma, Carol, la perversione, personaggio interpretato da Joanne Woodward, premio Oscar come la Magnani e Brando.
Istinti, rancori, violenze si scontrano fino alla tragica conclusione che è opera del marito di Lady.
Ciò, per dare un’idea della trama e dell’ambiente dato che, rappresentata l’anno scorso in America e nel marzo a Parigi, questa nuova commedia di Williams non è ancora conosciuta in Italia: quanto basta a indicare che Lady Torrance è una signora tutt’altro che semplice.
«Inoltre», ha aggiunto la Magnani, «l’inglese del dialogo è più difficile che nella Rosa tatuata.
Insomma, è stata una faticaccia, aggravata dal caldo che ha fatto a New York questa estate, dal lungo tragitto quotidiano per raggiungere i teatri di posa, i vecchi teatri di posa del Bronx dove una trentina d’anni fa si giravano le comiche a base di torte in faccia.
Eppoi, non mi è mai piaciuto di alzarmi alle sei e mezzo per essere pronta due ore dopo a fare una scena d’amore o di morte.
Per me, va bene incominciare all’una del pomeriggio. Trovo che fingere di morire o di far l’amore alle nove del mattino, con gli occhi ancora chiusi, è una idiozia. Ma si doveva fare così e così facevo.
Anche Brando è stato sempre puntuale. Solo una mattina arrivò con venti minuti di ritardo. Ah, e un’altra mattina, con un ritardo di mezz’ora: non aveva sentito la sveglia. Sono cose che si possono perdonare a un autentico artista come lui.
Queste e altre. Certo, Brando ha i suoi difetti, ma chi non ne ha? Qualche volta mi ha fatto venire i nervi, ma un artista va preso com’è e molto deve essergli perdonato. Del resto, la reciproca stima ci ha sempre tenuti uniti.
Brando ha visto Il miracolo cinque volte e fu uno dei primi a telegrafarmi quando ebbi l’Oscar.
Si trovava, mi pare, nelle Filippine e mi telegrafò, in italiano, due parole: “Bravo bravissimo“. E’ sempre imprevedibile.»
Anna Magnani e Marlon Brando si conoscono da sei anni ma, fuori dal teatro di posa, si sono visti solo di rado.
Uno dei loro pochi incontri è avvenuto giusto prima del ritorno della Magnani in Italia.
«Ti posso vedere?», le telefonò Brando. «Mi spiace», essa rispose, «sto preparando le valigie.», «Allora, domani.», «Domani parto.»
Si videro quella sera stessa e Brando portò l’attrice in giro per New York fino alle due di notte.
Si sentiva solo, aveva bisogno di compagnia, e non c’è persona più della Magnani sensibile ai problemi della solitudine.
Risvegliano il suo istinto di protezione. E questa è un’altra prova che Hollywood e il cinema americano non l’hanno cambiata, nè intimamente nè professionalmente.
E’ sempre una donna che segue il proprio istinto: nella vita, davanti all’obbiettivo, sul palcoscenico.
A questo proposito, mi ha detto: «Ho sempre sognato di avere un teatro mio, per recitare soltanto quando ne ho voglia, quando sento di poter dare agli spettatori qualcosa che mi è impossibile trattenere dentro di me».
D. Meccoli