Il buon umore ci salverà. Lo dice Anna Magnani mentre si prepara a tornare al teatro con Michele Galdieri
«Il 26 luglio è la mia festa», dice Anna Magnani. «Da Galdieri e da Pastorino aspetto in dono due brillanti».
Michele Galdieri, che sta preparando il testo della nuova rivista di cui la Magnani sarà l’interprete principale, e Pompeo Pastorino, amministratore della compagnia, sorridono appena. Silenziosi guardano il soffitto, poi uno dice: «Forse un brillante solo potrà bastare». La Magnani nega. «Gli si aggiungerebbe un comico di carattere», dice Galdieri. Parlano di attori.
Anna Magnani, da quando ha deciso di ritornare al palcoscenico, non riesce ad occuparsi d’altro. Soprattutto non vuole che le si parli di cinema.
Nel suo studio sopra i tetti di palazzo Altieri ogni tanto squilla il telefono. Produttori e registi le chiedono insistentemente un colloquio, vorrebbero confidarle i loro progetti, discuterli, stabilire un impegno o stipulare un contratto.
La Magnani risponde che non può, ha altri impegni. E quando si sente stanca fa dire di essere andata nella sua villa al Circeo.
Ci va, qualche volta. Ma la maggior parte delle giornate rimane a Roma, e riceve soltanto le persone interessate al suo progeto teatrale. Con esse discute, fa proposte alcune delle quali ritornano con insistenza ossessiva. Non per capriccio, per convinzione. Vorrebbe che gli altri, ascoltandola, se ne rendessero conto. E che, superati i dubbi e le perplessità, si appassionassero almeno quanto lei.
Il desiderio di ritornare al palcoscenico, nella Magnani, si è fatto ansioso. A chi la interroga ne parla quasi volesse riguadagnare gli anni di una luga assenza.
In teatro ha esordito, se ne è staccata, ma non ha mai pensato di riunziarvi. La ribalta le ha lasciato una nostalgia ed una inquietudine molto vicina al timor panico. Anche per questo desidera che il nuovo spettacolo di rivista al quale si sta dedicando (il debutto è previsto per il mese di dicembre), prima di arrivare a Milano e a Roma sia presentato in qualche città minore. Attrice di indole interpretativa franca e prepotente, nonostante la popolarità raggiunta la Magnani è ancora nello stato d’animo di chi desidere conquistare il grande pubblico per gradi.
Tuttavia il sentimento non fa velo alla convenienza.
La compagnia che Anna Magnani sta mettendo insieme avrà una configurazione notevolmente diversa da quella delle altre compagnie di rivista. La avrà anche in ragione del testo, estraneo ai modelli consueti, un po’ fuori dalle regole che negli ultimi tempi hanno condotto questo tipo di spettacolo verso una rigidezza che rimane tale anche dove si rivela gradevole. Occorrerà perciò un periodo di affiatamento non breve.
«Nego», dice Anna Magnani, «che la rivista sia teatro inferiore». Nega che la rivista le piaccia per motivi affettivi, anche lontani (quando giovanissima, apparve al Manzoni di Milano in Triangoli di Biancoli e Falconi allestiti dalla compagnia Niccodemi, Renato Simoni, elogiandola, scrisse tra l’altro che aveva il più bell’ombelico del mondo).
Al contrario avverte in essa un ritmo, una libertà ed una abbondanza di sviluppi, che, quando non rimangono ipotetici, offrono alla capacità degli interpreti possibilità innumerevoli. Occorre naturalmente un testo adeguato. E occorrono attori veri: non uno, ma molti.
Perciò, non appena le venne l’idea di ricomparire in uno spettacolo di rivista, non dubitò della necessità di essere ben circondata. Voleva attori suoi pari: «con gli altri», dice «non sopra gli altri».
Non le sembrò illogico rivolgersi a Gino Cervi, il quale non potè accettare essendosi già impegnato per le rappresentazioni del Cirano e del Cardinale Lambertini. Non le è sembato illogico rivolgersi adesso a Luigi Cimara e ad Ave Ninchi, i quali hanno accettato. Ad essi si aggiungeranno altri attori del teatro di prosa e del cinema (la Magnani si è ricordata dei suoi compagni di Roma città aperta e dell’Onorevole Angelina) ed è probabile che la lista dei nomi grossi aumenti.
Spettacolo di prosa? Galdieri non escluderà dalla rivista le musiche, le canzoni, il balletto e la coreografia. Ma la loro immissione non sarà fine a se stessa; verranno cioè inseriti nello spettacolo come conseguenza logica di una azione coordinata.
Tema della rivista: il teatro, o meglio la sua continuità. Galdieri non pensa alla caricatura o al rifacimento di pezzi illustri. Pensa piuttosto a tutti i momenti in cui il teatro è sembrato imporsi alla vita, e per contrasto a quelli in cui i fatti reali oltrepassano la immaginazione dei commediografi (esempio: il Gran Guignol di una volta e i delitti di oggi). Pensa ai motivi spettacolari che appaiono, si affermano e declinano. Poi, quando sembrano finiti, rivivono sotto forme diverse.
Questo assunto recitativo si presta ad accentuazioni comiche, burlesche, satiriche e sentimentali. Ma la Magnani vuole soprattutto immaginazioni piacevoli. Tre ore di buonumore, e tutte ben recitate. «Più tardi», dice, «quest’altr’anno, farò soltanto spettacoli di prosa».
R. Radice