Quando il cinema italiano ha avuto bisogno di un’attrice non inquinata dalla retorica fascista, di un’attrice capace di dire e di fare le cose di tutti i giorni per la gente di tutti i giorni, di un’attrice la cui faccia parlasse direttamente allo spettatore con i sentimenti dello spettatore, allora il cinema italiano ha voluto il volto drammatico di Anna Magnani: l’Italia del dopoguerra era un’Italia drammatica, ma anche speranzosa, viva, ingegnosa, commossa, così come erano speranzosi vivi ingegnosi commoventi e commossi, il viso, gli occhi, i gesti di Anna Magnani…
Poi per una decina d’anni, Anna Magnani è stata messa da parte. L’Italia ufficiale e Cinecittà parlavano un altro linguaggio: il miraggio di un raggiunto benessere economico faceva vivere gli Italiani nell’illusione che l’Italia del volto di Anna Magnani fosse solo un ricordo dell’immediato dopoguerra.
C’è voluta la riscoperta della canzone popolare, da Bella ciao del ’64 alla commercializzazione del folk che negli anni ’70 diventa canzonetta, perchè l’Italia si accorgesse di essere la stessa di dieci anni o quindici anni prima: le stesse piaghe, le stesse difficoltà, la stessa miseria.
Ed è stato così che è incominciata la riscoperta del viso di Anna Magnani: un viso dotato di un linguaggio assai più esplicito e soprattutto assai meno equivoco di quello delle parole.
T. De Mauro