Anna Magnani si trova da qualche giorno in un villaggio all’estremo Sud della Florida per interpretare il suo primo film americano, “La rosa tatuata”, tratto da un dramma di Tennessee Williams.
New York, novembre
A New York, Anna Magnani non è mai andata a dormire prima dell’alba, e un giorno, mostrando ad alcuni amici il panorama del Central Park dal suo appartamento al 17.mo piano dello Sherry Netherland, ha raccontato: «Mi piace affacciarmi a questa finestra un poco prima dell’alba: fra le quattro e le cinque del mattino, New York è deserta. E’ l’unica ora in cui sembra che la città si conceda un breve riposo, le strade sono silenziose, le luci dei grattacieli spente, una leggera foschia comincia a formarsi sui laghetti del parco: è uno degli spettacoli più belli del mondo. E quando da quelle colline là di fronte spuntano le prime luci, si vede soltanto la cima delle torri appoggiate sulla nebbia, è un paesagio magico, spseso nell’aria, tinto di azzurro e di viola».
Anna Magnani ha confuso i punti cardinali e le colline del New Jersey dietro le quali per solito tramonta il sole, ma nessuno ci può fare gran caso, pensando che anche Carducci non era ben sicuro sul rapporto fra il sole ed il Resegone, e l’attrice continua: «Questa mattina però, ho visto una scena insolita, che mi ha affascinato. Sulla pista di ghiaccio là, al centro del parco, venite qui, affacciatevi… Santo Cielo Benedetto! Sti americani che sanno fare tante cose belle, guardate qua, hanno queste finestre che vanno su e giù, quanto sono scomode! Non conoscono la gioia di una bella finestra spalancata… Be’, là, al centro del parco, c’era un uomo che pattinava, solo, alle quattro del mattino. Lo vedevo scivolare, passando da un arabesco all’altro, piccolo, piccolo, me lo immaginavo beato e indifferente, ma mi domandavo: chi sarà mai quest’uomo, che si diverte a pattinare a quest’ora? Ci pensate? Quando sono andata a letto verso le cinque, era ancora là, chi poteva essere?»
Sul momento nessuno ha saputo rispondere alla domanda di Anna Magnani, più tardi mi sono informato: il pattinatore solitario era uno degli inservienti addetti a mantenere in efficienza la pista di ghiaccio, che appartiene al Comune ed è a disposizione di tutti. Aveva finito il suo lavoro notturno, e prima di rientrare a casa, si esercitava nel suo sport preferito: si chiama William Roger Millikins, ha ventidue anni e spera di diventare pattinatore professionista.
Anna Magnani quasi tutte le sere andava a teatro, e poi i suoi amici americani ed italiani le facevano fare il giro dei night clubs.
«Ieri sera» ha raccontato «siamo capitati in un locale del Greenwich Village, siamo entrati per caso, credo si chiami il Bon Soir, e non mi sono mai divertita tanto, c’era una tale che faceva l’imitazione di Anna Magnani, e naturalmente non sapeva che io ero nella sala. Era bravissima, meravigliosa, con una parrucca nera, scarmigliata, arruffata, si agitava, si dimenava, gridava, sbraitava, non ho mai riso tanto, perfetta, vi dico, uno spasso».
A questo punto Anna Magnani non resiste alla tentazione di fare l’imitazione di colei che imitava Anna Magnani, ed io mi rendevo conto di non averla mai vista prima di quel giorno così allegra e spensierata e serena. Avevo di fronte a me un’Anna Magnani più bella che mai, ancora più giovane e più gioconda di quella prima volta che l’ho incontrata a Roma, all’Albergo Boston, quanti anni fa? Quindici, e mi sembra che il tempo sia passato soltanto per me.
Si lascia cadere su una poltrona, e contina «Be’, ci volete credere? Dopo lo spettacolo mi hanno presentato alla mia imitatrice, io le ho fatto i complimenti, e lei mi ha regalato questo braccialetto messicano d’argento, non è una meraviglia? Non lo volevo accettare, perchè ne aveva uno a un polso ed uno ad un altro, identici, le stavano bene, era tanto caruccetta, ma non ho potuto rifiutare. E mo’ come fa, poverella? Dite, che le posso regalare?»
L’imitazione dell’imitazione di Anna Magnani è stata così cattivante, che Arnoldo Mondadori si entusiasma, dimentica una delle sue regole predilette, early to bed, early to rise, makes the man healthy, wealthy and wise (presto a letto, presto in piedi, vi fa sani, ricchi e saggi) e propone di andare tutti al Bon Soir, la sera stessa: «Si, andiamo!» grida Anna. «Andiamo! Oh no, non posso, voglio andare al Latin Quarter a vedere Mae West, non posso rinunziare, perchè domani parto per Hollywood in aereo, e dite un po’, questi aeroplani sono sicuri? Sia come sia, meglio che fare quattro giorni di treno. Tutti mi hanno detto, prendi l’aereo, prendi l’aereo, ed io mi sono lasciata convincere… Allora venite anche voi a vedere Mae West, vale la pena, date ascolto, Mae West è prodigiosa, abbiamo appuntamento a mezzanotte, con Elia Kazan, Judy Garland e Tennessee Williams».
Dopo i night clubs, Anna Magnani rientrava in albergo e studiava fino al mattino, studiava la sua parte per La rosa tatuata, il film tratto dalla commedia di Tennessee Williams, la cui lavorazione degli esterni è cominciata prprio in questi giorni a Key West, all’estrema punta sud della Florida: produttore Hal Wallis, direttore di produzione Daniel Mann, interpreti principali Anna Magnani e Burt Lancaster.
Preferiva parlare dei suoi film passati, che del prossimo, del prossimo diceva soltanto: «Ho una tale paura addosso». Spiegava che riteneva La voce umana il suo capolavoro: “Non l’avete visto? Mi dispiace proprio, come si fa? Adesso telefoniamo al Museum of Modern Art, e sentiamo se ne hanno una copia e se la possono proiettare per voi, ci terrei tanto».
Natalia Danesi Murray, che la Paramount le ha messo al fianco per tutta la durata del film come special assistent, porta il discorso sull’ultima scena di Roma città aperta, ed Anna Magnani si fa seria, quasi cupa: «Rossellini», dice «aveva preparato tutto da solo, senza dirci nulla. Io dovevo uscire, correre appresso al camion che si portava via gli uomini, e poi cadere a terra dove c’era una certa fossa, non avevamo fatto prove, e quando sono uscita da quella casa, e ho visto i soldati tedeschi, erano veri tedeschi, sebbene me lo aspettassi, mi sono sentita morire. Era una delle scene che avevo visto tante volte dalle parti di casa mia, in via dell’Amba Aradam, e chi pensava più al film? Non ho recitato, mi sono messa a correre come una folle, ero disperata… E dovevate vedere quelle donne, quelle popolane, non erano comparse istruite, ed erano bianche in volto, senza trucco, altro che Anna Magnani! I tedeschi ci stavano là di fronte, erano veri, con quelle facce, quelle divise, e tutte credevamo di essere tornate ai tempi dell’occupazione».
Qualcuno accenna al nuovo riarmo tedesco, si parla di bombe atomiche, di bombe H, di bombe infernali, e Anna Magnani osserva: «Tutto questo finirà, non si può sfidare Iddio».
Poi propone di uscire, è una bella giornata d’autunno, fa caldo. «Andiamo a fare una passeggiata al Central Park», dice. «Andiamo a vedere gli animali allo Zoo».
Un gruppetto di donne le si fa incontro e le chiede l’autografo, le foche la fanno ridere, un tigrotto di pochi mesi, appena giunto dall’India, la commuove, vorrebbe toccarlo, carezzarlo, portarselo via, vuole ritornare al laghetto delle foche, la gente tutt’intorno si ferma a guardarla, le sorridono, Anna Magnani, si china a giocare con un bambino negro, poi dice: «Sono qusi le quattro, devo rientrare, la professoressa di inglese mi aspetta. A più tardi».
Ettore Della Giovanna