INTENSA UMANITA’ DI ANGELINA, DONNA, MADRE E ONOREVOLE
Venezia, settembre
E perchè no? Bravo al cinema italiano che questa sera alla Mostra con un film ed un cartone animato a colori si è fatto calorosamente applaudire da un pubblico foltissimo.
Non che siano queste pellicole degne di chiamarsi capolavori, non che caratterizzano la nostra produzione di un suo stile e di una sua fisionomia particolare, non che debbano annoverarsi nella storia del cinema. Ma tale è il loro respiro editoriale, tanta la serietà di intenti posta nella realizzazione così felice ed il successo ottenuto che un sospiro di sollievo (se pure temporaneo) può ben tirarsi fra un mare di celluloide sprecata.
Al Palazzo Ducale, quindi, fantasia e realtà: da Laila, creatura di Nino Pagot, paffuta, e che ha il gran dono di essere amica dei coniglietti distinti e delle api morettine che per lei suonano i tromboni e le cornette solo perchè diventi buona e studiosa, alla popolana Angelina di Pietralata, moglie d’un sottufficiale di polizia che deve affrontare la dura vicenda odierna.
La lotta di Angelina con la fame e la miseria della periferia è viva sin dal primo metro di pellicola; poi la storia entra nei suoi sviluppi più preziosi.
Il giorno in cui l’unico negoziante del luogo le rifiuta la pasta della tessera, la popolana si ribella e giunge ad invadere prepotentemente il negozio in un drammatico assalto con altre compagne.
Per questo Angelina diventa la donna del giorno e, continuando energicamente nella sua azione, riesce ad ottenere in breve tempo quelle migliorie e assistenza che personalità politiche avevano promesso prima delle elezioni.
Questa intensa attività della popolana, donna quasi rivoluzionaria, ma per miseria, ha i suoi inconvenienti nell’ambito familiare; il marito, un onesto e modesto uomo che lavora duramente, è costretto a sostituire la moglie nelle faccende domestiche e a curare i cinque figlioli. La casa diventa triste, inospitale.
In occasione di un alluvione, Angelina di fronte alla lentezza burocratica nelle riparazioni dello stabile danneggiato, occupa un appartamento di proprietà di uno speculatore, e per questo viene arrestata.
Ma il giorno stesso è rimessa in libertà per interposizione del proprietario del palazzo, che provoca un’accusa nei suoi confronti. A questa accusa Angelina reagisce violenta, rioccupando lo stabile, e di nuovo finisce in carcere.
Riacquistata la popolarità, il suo seguito le propone di presentare la candidatura in Parlamento. Ma Angelina ha riflettuto: il suo primo discorso elettorale apre e chiude, allo stesso tempo, la sua breve carriera politica, che da lei viene abbandonata per ritornare a curare i suoi figli ed il marito.
Così, schematicamente raccontata, la trama non rende affatto il valore del film che essenzialmente si basa su tre caratteristiche: dialogo, interpretazione e spontaneità delle cose rappresentate.
Non siamo sul piano di “Roma città aperta“, non siamo nemmeno su quello di “Vivere in pace” che già abbinò felicemente il duo Zampa-Trellini: si tratta di una pellicola di genere squisitamente popolare nello spirito, nelle battute, nel carattere degli interpreti, nell’ambiente.
L’unica cosa di falso è un idillio ed appunto per questo non regge al confronto del resto del film.
Il suburbio c’è in pieno con le sue strade cedenti all’attacco con sue le fontanelle che versano acqua solo una volta alla settimana, con le sue case popolari, con i suoi caratteristici tipi e soprattutto squisitamente popolaresco è il dialogo, semplice, immediato, efficacissimo anche in quello spirito un po’ caustico di uomini e situazioni, giustificabile però per contingenza e per il tono adottato.
Eccezionale poi la bravissima Magnani, in una parte sua come non mai e per questo vera e sentita con calore e passione. La sua migliore interpretazione di certo. E bravissimi anche gli altri, interpreti felici e fedeli di inconfondibili quanto caratteristici tipi.
Giornata felice quella di oggi alla Mostra, anche per gli altri films: nella mattinata la quarantacinquenne Dolores Del Rio ha confermato di essere ancora molto brava e affascinante in una produzione messicana. Applauditissimo un lavoro cecoslovacco: “Sirena”.
M. Ungaro